Chi ha paura della tenerezza?
Lo hanno già ribattezzato “il Papa della tenerezza”, ma nessuno ha messo in prima pagina il bacio di Francesco a Cesare, 50 anni, affetto da Sla e completamente paralizzato da quando ha otto mesi di vita. Il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” ha fatto fermare la jeep – e lo sguardo del mondo -, è sceso, ed è andato a baciarlo. “Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!” ha detto più volte nell’omelia, applaudito dal popolo dei fedeli, applaudito dai potenti e dai giornali. Che però – con l’eccezione forse unica del colombiano El Heraldo – in copertina raccontano di bagni di folla (tra l’altro 200 mila persone alla Messa di inizio del ministero petrino non sono una cifra straordinaria) o di baci ai bambini. Parlano del Papa della tenerezza, ma la sua tenerezza fa paura. Parlano del Papa della tenerezza, ma già ridotta a misura della società del benessere, nascosta nelle pagine interne perché troppa realtà è insopportabile, lasciata “alla periferia del nostro cuore” e dei fogli colorati dei rotocalchi. Francesco ha fatto vedere la tenerezza, poi ne ha parlato: “Non è la virtù del debole, anzi, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore”. Come quella di Giuseppe, custode di Maria e di Gesù, e quindi della Chiesa. “E Giuseppe è ‘custode’, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo!”.