Nel 2013 oltre quattro milioni di poveri
Già nella giornata di giovedì il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, aveva annunciato un calo del Pil italiano nel 2013 pari all’1,3 %. Una stima, quella del ministro, che però non è in linea con le previsioni della Confcommercio, diffuse venerdì e che non riguardano soltanto la crescita economica del Paese.
Il 2013, avverte la confederazione, vedrà un aumento considerevole del numero di persone “assolutamente povere” che saliranno a quota quattro milioni. Alla fine dell’anno verrà così superata la soglia dei 3,5 milioni di poveri, certificati ufficialmente dall’Istat per il 2011, pari a oltre il 6% della popolazione. Inoltre, se teniamo conto che nel 2006 l’incidenza era ferma al 3,9%, capiamo come “l’Italia in cinque anni ha prodotto circa 615 nuovi poveri al giorno, con quest’area di disagio grave che – avverte Confcommercio – è destinata a crescere ancora, e di molto”. Il dato, con una previsione massima di 4,2 milioni di poveri totali, è contenuto nel nuovo indicatore macroeconomico mensile di disagio sociale: il Misery index Confcommercio (MiC).
Si registrerà, sottolinea ancora l’associazione dei commercianti, anche un crollo dei consumi e del Pil. Le stime di Confcommercio parlano infatti di una flessione dei consumi privati pari al 2,4% nel 2013, che conferma così il trend negativo dei consumi: il 2012, ha voluto ricordare Mariano Bella, direttore dell’ufficio studi, è stato “il peggiore anno dell’Italia repubblicana in termini di caduta dei consumi”, con il -4,3%. Le spese dovrebbero invece aumentare (+0,3%) nel 2014. Nonostante questo, alla fine del prossimo anno e rispetto al 2007, la perdita dei consumi reali avrà raggiunto 1.700 euro a testa.
Nel 2013, secondo le stime di Confcommercio, il Pil calerà dell’1,7%. Viste quindi al ribasso le precedenti previsioni: cinque mesi fa, l’associazione dei commercianti parlava infatti di un calo dello 0,8%. Per il 2014, è previsto un rialzo dell’1%.
L’Italia fatica ad uscire dalla crisi economica, il Paese vive momenti difficilissimi e se le cose non dovessero cambiare velocemente, il biennio 2013 – 2014 sarà caratterizzato da “una perdita netta di altre 90mila imprese del terziario di mercato”. Parlando da Cernobbio, Carlo Sangalli ha voluto puntualizzare come ormai la crisi produttiva sia diventata crisi sociale: “E’ come se l’orologio produttivo della nostra economia avesse riportato indietro le lancette di quasi tredici anni”.
L’Italia produce poco, troppo poco rispetto ai Paesi concorrenti. Ma c’è un paradosso nel mondo del Lavoro del Belpaese e questo perché, stando alle rilevazioni di Confcommercio, gli italiani lavorano tanto. I dati sono evidenti: sia nel caso dei lavoratori dipendenti sia in quello di professionisti e autonomi, nel 2011 hanno lavorato in media 1.774 ore ciascuno. Vale a dire il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi. Nel nostro Paese, i lavoratori indipendenti, autonomi o professionisti, lavorano quasi il 50% in più rispetto ad un lavoratore dipendente: in cifre, 2.338 ore contro 1.604. Fenomeno, quest’ultimo, che si verifica però in tutti gli altri Paesi presi in esame da Confcommercio nel corso della rilevazione. Tuttavia, e questo è il paradosso di cui parlavamo poco fa, pur lavorando per molte ore, gli italiani producono poco: in Italia, ogni lavoratore produce di media una ricchezza pari a 36 euro per ogni ora lavorata. Meglio va in altri Paesi come Germania e Francia, dove i lavoratori producono di media il 25% in più nel primo caso e quasi il 40% in più nel secondo. In Italia, quindi, si produce troppo poco. Ma ciò che deve maggiormente preoccupare è che il nostro Paese rischia di perdere definitivamente il passo rispetto all’economie concorrenti, dove la produttività oraria è cresciuta nel tempo (tra il 2007 e il 2011, del 20% in Germania, in Francia anche di più, in Spagna dell’11% circa) in Italia questo fenomeno si è verificato in modo molto marginale (solo il 4% rispetto al 2007).
L’Italia deve necessariamente superare questo momento di estrema difficoltà e lo deve fare al più presto, senza tentennamenti. Il Paese è appena uscito dalle urne, ma una stabilità politica sembra ancora lontana. Tornare di nuovo al voto, sottolinea laconicamente Sangalli, “sarebbe drammatico”.