Il nuovo “record” della pressione fiscale
Record assoluto per la pressione fiscale, che nell’ultimo trimestre del 2012 ha raggiunto quota 52%, +1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo è quanto emerge dalla lettura delle ultime rilevazioni Istat, secondo cui anche la pressione fiscale media annua ha raggiunto livelli mai registrati prima, toccando quota 44% (+1,4 punti sull’anno precedente). Gli italiani, quindi, hanno a che fare con un fisco sempre più opprimente e nulla lascia presagire che da qui a poco la situazione possa cambiare, anzi.
“Nel 2013 – come ricordano Massimo Fracaro e Nicola Saldutti dalle colonne del Corriere della Sera – si pagherà la tassa rifiuti (la Tares, che prenderà il posto della vecchia Tarsu (Tassa sui rifiuti solidi urbani), ndr) e sarà basata sia sulle dimensioni degli immobili, sia sul numero dei componenti del nucleo familiare che ci abitano. Giusto sembrerebbe, ma – sottolineano Fracaro e Saldutti – non sempre la ricchezza è proporzionale alla numerosità delle famiglie. La nuova tassa, però, sarà più pesante perché i Comuni dovranno coprire con le sue entrate il 100% del costo della raccolta rifiuti, mentre prima il tasso di copertura poteva essere inferiore”.
Ma la Tares quanto costerà ai contribuenti? “Si pagheranno – si legge sempre sul Corriere della Sera – 30 centesimi per ogni metro quadrato di abitazione o stabilimento, quota che i Comuni possono portare a 40 centesimi”.
Tuttavia, oltre ad essere sempre più elevata, la pressione fiscale è, secondo la Corte dei Conti, anche “fuori linea con il confronto europeo” e ha favorito “le condizioni per ulteriori effetti recessivi”. Insomma, il fisco sembra contribuire negativamente alla difficile situazione economica del Paese. Eppure, c’è chi sostiene il contrario. Il parere della magistratura contabile stride infatti in parte con quanto si legge nel Rapporto Italia 2013 dell’Eurispes, secondo cui “in Italia i livelli di tassazione sono sostanzialmente in linea con quelli dei più importanti Paesi industrializzati”. “La vera differenza tra l’Italia e gli altri paesi europei – spiega l’Eurispes – consiste, invece, nell’utilizzo delle risorse assunte attraverso il prelievo fiscale”.
Il problema è “nella gestione della spesa pubblica e l’organizzazione dei servizi pubblici”, in quanto “non vi è coerenza tra la quantità delle risorse prelevate e la qualità dei servizi resi al cittadino”. Perché se guardiamo i sistemi fiscali degli altri Paesi dell’area Ocse, le maggiori differenze, “gli scostamenti più significativi” si riscontrano sulle “aliquote medie”, ovvero quelle che “colpiscono i redditi che ammontano a circa 20.000 euro”. Nel resto dei casi, come gli scaglioni di reddito più alti, “non vi sono particolari differenze”.