“Non è una Ong, è una storia d’amore”
È difficile riassumere questi ultimi mesi di storia della Chiesa (universale e italiana) e del Paese in poche pagine. Per farlo – all’inizio dell’Assemblea generale dei vescovi italiani – il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, sceglie lo “stile Francesco”: la Chiesa “non è una Ong. È una storia d’amore”. È in questa prospettiva che il cardinale colloca la “fantasia della carità” e la “capacità organizzativa” della Chiesa italiana, che vanta una storia di “capillare diffusione e radicamento” e che “specialmente in certi tornanti della storia del nostro Paese è stata una risposta pronta e certa – a volte l’unica – ai bisogni più diversi e urgenti”. Una Chiesa che in questa prolungata crisi economica accoglie richieste di aiuto che “si moltiplicano e approdano alle porte delle parrocchie, dei centri di ascolto, dei molteplici gruppi…” e davanti a cui le disponibilità economiche non sono “mai adeguate”. Bagnasco non lo dice ma vede forse nella Chiesa l’ultimo baluardo di certezza, di speranza. Anche di civiltà: “La società contemporanea è a un bivio!”. È qui che il cardinale sussulta: “Non solo le singole coscienze sono chiamate a un risveglio, ma anche la coscienza collettiva deve scuotersi dal torpore etico-spirituale che genera un modo di pensare talmente fluido che le emozioni individuali diventano l’unica realtà, fino a sovrastare la vita degli altri in forme violente”. Pensa a Milano, alla violenza sulle donne, alle “forme di evasione che degradano e distruggono i suoi (della società, ndr) figli” come il gioco d’azzardo e le sfide estreme. È tutto questo – si chiede – “il frutto della conclamata libertà individuale senza limiti e regole, sufficiente a se stessa, trasformata in libertarismo etico?”
Ma quando la “dignità” e la “sacralità” della persona on sono riconosciute, “allora si è entrati nella fase della decadenza”. Parla dell’uomo sottomesso all’economia, mentre il lavoro è chiamato a dare dignità alla persona; di “pesanti politiche fiscali” che opprimono i cittadini. Di una politica che ciclicamente ricade in “un clima di ostinata contrapposizione” che finisce per “paralizzare il vivere sociale”. Pensa al presidente Giorgio Napolitano quando parla di “gesti e disponibilità esemplari, ad alti livelli, che devono ispirare tutti” mentre “situazioni intricate e personalismi” assorbivano ai neoeletti in Parlamento a “energie e tempo degni di ben altro impiego. Dopo il responso delle urne, i cittadini hanno il diritto che quanti sono stati investiti di responsabilità e onore per servire il Paese, pensino al Paese senza distrazioni, tattiche o strategiche che siano. Pensare alla gente: questa è l’unica cosa seria (…), senza populismi inconcludenti e dannosi, mettendo sul tavolo ognuno le migliori risorse di intelletto, di competenza e di cuore”.
La gente, ovvero le famiglia, innanzi tutto, “primo e principale presidio non solo della vita ma anche di energie morali e di tenuta sociale ed economica: fino a quando potrà resistere senza politiche consistenti, incisive e immediate?” Altro che coppie di fatto… Bagnasco è nel board della CCEE, la Conferenza degli episcopati europei, e conosce da vicino quanto sta accadendo ad esempio in Francia. Un’eco si può ravvisare nelle sue parole: “Essa (la famiglia, ndr) è un bene universale e demolirla è un crimine… non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità, e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento”. E la vita. È in atto in tutta Europa la campagna “Uno di noi” a favore dei diritti dell’embrione. I più piccoli, e i più deboli. Per Bagnasco, “la recente raccomandazione che la Corte di Strasburgo ha fatto circa il diritto al suicidio assistito è l’ulteriore prova del progetto di una società senza relazioni, dove ognuno – in nome dell’auto-determinazione individuale – si trova solo”. Mentre dolore e sofferenza “sono un appello alla società intera perché si mostri per quello che deve essere: una comunità di vita e i destino nella quale nessuno si trova abbandonato a se stesso”.