La riqualificazione urbana a suon di beat
Il rap è un genere strano, o almeno questa è la percezione di molti. Diciamo che in Italia c’è sempre stata un po’ di titubanza attorno agli artisti hip hop. Poi vennero i vari Club Dogo, Fabri Fibra, Nesli, personaggi capaci di sdoganare (commercialmente, si intende) rime e beat ripetitivi. Così anche i rapper nostrani hanno iniziato a scalare le classifiche alla stregua dei mostri sacri di New York o di Los Angeles.
Ma l’hip hop è oltre. È soprattutto uno stile di vita, un movimento culturale. È una denuncia sociale, ma anche un volersi mettere in mostra, chi al microfono, chi con il ballo, chi con il turntablism. A Roma non mancano luoghi in cui poter sfoggiare le proprie doti artistiche. Ma nel quartiere periferico di Corviale, dove il Comune ha concesso la gestione di uno spazio di circa 800 mq al cui interno lavorano fotografi, grafici, registi, creativi, musicisti e produttori discografici, c’è molto di più. C’è la Grimlock Records.
“Il progetto – spiega Brasca a T-Mag (al secolo Riccardo, uno che bazzica il rap italiano da molti anni e ideatore dell’ambaradan che vi stiamo per presentare) – si accosta ad alcune idee prese in considerazione dal dipartimento culturale del XV Municipio e successivamente dal Comune di Roma. Nei quartieri popolari, specialmente quelli periferici, è difficile poter creare delle situazioni socio culturali per i giovani e gli abitanti del posto, a meno che non ci si nasca o ci si cresca, non si riesce mai a capire le vere problematiche dei quartieri”.
“A Corviale – racconta Brasca – abbiamo pensato ad allestire un’area dove situare uno studio di registrazione, uno studio fotografico, uno studio cinematografico, un ufficio per grafici e una sala corsi. Il riscontro è positivo. Essendo gestito da giovani al di sotto dei 35 anni, è uno spazio con un alto potenziale lavorativo e sociale”.
Videointervista: Matteo Buttaroni e Mirko Spadoni
Montaggio video: Matteo Buttaroni
Testo: Fabio Germani