Francesco ai suoi giovani: “Giochiamo nella squadra di Gesù”
L’immagine conclusiva – naturalmente al contrario – è la stessa che ha dato inizio a questa Gmg 2013: a Ciampino, Papa Francesco scende dall’aereo che da Rio de Janeiro l’ha riportato a Roma stringendo la sua borsa nera. Saluta sorridente l’equipaggio e affida a Twitter – come probabilmente ha fatto la maggior parte dei giovani che in settimana erano in Brasile – la sua emozione: ”Sono di ritorno a casa, e vi assicuro che la mia gioia è molto più grande della mia stanchezza”.
E, in effetti, proprio la gioia è stato uno degli stati d’animo più evidenti che le immagini televisive e web ci hanno restituito di questi giorni. Insieme all’instancabile desiderio di bussare ad ogni porta, alla capacità di parlare ai cuori degli ultimi così come dei potenti, all’umanità, all’umiltà, alla vicinanza, all’ardore, alla voglia di donare e di ricevere da ciascun incontro.
Secondo gli organizzatori erano tre milioni i giovani che hanno partecipato alla messa finale sulla spiaggia di Copacabana. Al silenzio hanno alternato i canti e le urla da stadio, e poi le lacrime, le preghiere, gli abbracci, l’entusiasmo, la commozione.
E, partiti da ogni parte del mondo, andati lì per ricevere, hanno ricevuto.
A quei giovani – e all’intera chiesa che insieme a loro era presente sotto il palco di Rio – il Pontefice ha donato parole d’amore e di coraggio. Una scorta, un bagaglio, un tesoro cui far ricorso durante le carestie e le notti dell’anima. Parole di fiducia, misericordia, conforto, ma anche l’invito alla testimonianza viva e all’evangelizzazione: “Il Vangelo – ha detto il Papa durante la messa concelebrata con 1200 vescovi – non è solo per quelli che ci sembrano più vicini, più ricettivi, più accoglienti. E’ per tutti. Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Gesù – ha poi ricordato il Pontefice ai giovani – non ha detto: Se volete, se avete tempo, ma: Andate e fate discepoli tutti i popoli”.
E ancora. Soprattutto: “Cari giovani, Gesù Cristo conta su di voi! La Chiesa conta su di voi! Il Papa conta su di voi!” Perché ciascuno si faccia strumento della missione divina, senza sentirsi inadeguato, o solo, o piccolo. Perché ognuno si senta chiamato in campo, a giocare – e a vincere – in quella che Francesco ha chiamato “la squadra di Gesù”, destinata a ricevere in cambio “qualcosa di molto superiore alla Coppa del mondo”.
Quelle parole risuonano tra i ragazzi. Quel Papa che ha dato un volto nuovo alla festa dei giovani ha parlato ai loro cuori con la voce paterna di chi ben conosce la misera realtà dell’uomo, di chi ben sa quanto la solitudine, lo sconforto, la debolezza, la tentazione possano farla da padrone. E ha parlato con la voce ferma di chi non ha dubbi: Cristo vince, Lui è la risposta. Lui è la risposta nelle favelas, negli ospedali di recupero dei tossicodipendenti, nelle carceri, nella povertà.
Alla fine della liturgia, Francesco ha dato appuntamento per la prossima Giornata Mondiale della gioventù, a Cracovia nel 2016. Giovanni Paolo II, in quei giorni, sarà già santo.