Un lungo viaggio verso nord
La tragedia di Lampedusa ha riacceso i riflettori sull’efficienza della legge Bossi-Fini le cui lacune normative, o per meglio dire i difetti, sono di nuovo al centro del dibattito. Anche l’Europa è coinvolta rispetto agli sbarchi di Lampedusa – è il leit motiv di queste ore – e l’argomentazione ha una qualche ragione d’essere nella misura in cui i dati dimostrano come l’isola italiana sia il più delle volte il primo step dei viaggi della speranza e poco più. Ricordava venerdì scorso Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera che “i dati 2011 parlano di 571.000 rifugiati per la Germania; 210.000 per la Francia; 194.000 per il Regno Unito; 87.000 per la Svezia; 75.000 per i Paesi Bassi contro 58.000 per l’Italia”. Non solo, proseguiva Stella, “in rapporto alla popolazione, certi strilli xenofobi sono ancora più immotivati: ogni mille abitanti ci sono 9 rifugiati in Svezia, 7 in Germania, 4,5 nei Paesi Bassi e in fondo in fondo ci siamo noi: uno”.
Che i flussi migratori non siano un fenomeno ascrivibile ad un’unica tipologia di spostamenti è sottolineato nel recente rapporto dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) che ha registrato un’interessante inversione di tendenza. In poche parole risultano essere (a livello mondiale, è opportuno di chiarire) sette milioni i migranti in movimento da nord a sud. In termini percentuali non è granché, ma coloro che si muovono da sud a nord rappresentano “appena” il 40% del campione. Sono più frequenti, in compenso, i flussi all’interno delle medesime aree di riferimento. Nel caso italiano il calcolo è facile: gli immigrati rappresentano l’8,2% della popolazione italiana, di cui circa la metà sono donne (dati Eurispes). La stragrande maggioranza degli immigrati presenti in Italia è di nazionalità romena. Una comunità, quest’ultima, che conta 997 mila utenze regolari. Seguono immigrati di nazionalità marocchina (506.369) e albanesi (491.495). Chiudono la classifica la Cina con (277.570) e l’Ucraina (223.782).
Il luogo comune secondo cui i migranti “rubano lavoro” e “si fermano qui” è smentito da ulteriori esempi. Il nostro Paese non può essere considerato la panacea dei mali di tanti disperati che affrontano il mare in condizioni precarie pur di raggiungere il Vecchio Continente. Non può esserlo a causa della scarsa domanda di lavoro che coinvolge persino persone disposte a svolgere mansioni non qualificate. Sono oltre un milione e duecentomila, infatti, i lavoratori immigrati che vivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionale per effetto della crisi economica. Una buona ragione per tentare una nuova migrazione (almeno uno su due riparte). Tra il 2011 e il 2012 il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito dell’1,7%, con un tasso di attività sostanzialmente invariato. Il tasso di disoccupazione è aumentato invece del 2%, passando quindi dal 12,1% del 2011 al 14,1% del 2012. Tanto dovrebbe bastare per proseguire il viaggio verso nord. Verso la Germania o la Francia, appunto.
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