Il rischio alluvioni e frane in Italia
In Italia sono 6.153.860 gli abitanti esposti alle alluvioni. A ricordarlo è Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi. “Il probabile aumento delle temperature – è l’osservazione di Graziano – potrebbe portare in Europa a inondazioni più frequenti ed intense. Ma quello che sta accadendo non è solo per colpa dei cambiamenti climatici a causa del previsto aumento dell’intensità e della frequenza di eventi meteorologici estremi. A fine agosto noi geologi avevamo già detto dei rischi e della fragilità del territorio”. Quello che è successo in Sardegna nelle ultime ore dopo il passaggio di “Cleopatra” (bombe d’acqua su Olbia, 17 morti e centinaia di sfollati sparsi per la regione, blackout e frane) è sì un evento difficile da catalogare data la sua portata (in 24 ore è scesa tanta pioggia quanta in sei mesi, secondo il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli), ma pone l’accento una volta di più sul tema della prevenzione. Perché tanti sono i fattori che provocano tragedie simili. Spiega ancora Graziano che “l’urbanizzazione sfrenata ha eroso, dal 1985 ad oggi, ben 160 chilometri di litorale. I numeri recentemente pubblicati nell’Annuario dei Dati ambientali 2012 dell’Ispra parlano chiaro: se in Italia per oltre 50 anni si sono consumati in media 7 mq al secondo di suolo, oggi se ne consumano addirittura 8 mq al secondo. Significa che ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e di Firenze. Per non parlare degli incendi, il 72% dei quali risulta essere di natura dolosa, il 14% di natura colposa e il restante 14% di natura dubbia”.
Non a caso in Italia, a parte i 6.153.860 abitanti a rischio alluvioni, la popolazione esposta a possibili fenomeni franosi ammonta a 987.650 persone. Già in passato – subito dopo l’alluvione che colpì Genova nel 2011 – T-Mag contattò Gabriele Scarascia Mugnozza, direttore del Dipartimento scienze della terra dell’Università “La Sapienza” di Roma. “L’Italia – spiegò in quell’occasione il professore – ha un paesaggio incredibile, ma spesso ci dimentichiamo che è un Paese con una storia geologica recente, lo testimoniano le frane, le alluvioni, i terremoti. L’Italia, a differenza della Germania e di gran parte della Francia, è geologicamente attiva, ci sono persino vulcani attivi a confermarcelo”.
E sul fronte della prevenzione, Scarascia Mugnozza ricordava come sia sufficiente applicare le leggi vigenti: “È l’applicazione il problema, in Italia manca il controllo, la filiera della sicurezza è troppo parcellizzata e alla fine nessuno si fa carico delle responsabilità. La legge prevede la delocalizzazione e assegna alle Regioni la competenza in materia di rischio idrogeologico, ma la cronica mancanza di fondi rende disapplicato un buon proposito legislativo. La ricerca ha fatto la sua parte producendo la mappatura italiana del rischio idrogeologico come richiesto dalla Legge 3 agosto 1998, n. 267, nata dopo il disastro di Sarno, che prevede l’individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico in Piani Straordinari (PS267)”.
“Il mio suggerimento – fu in conclusione l’appello del professore – è un’azione congiunta tra pubblico e privato che promuova l’assicurazione sulle case da parte dei proprietari. Come assicuriamo la macchina contro il rischio furto o incendio dovrebbe essere buona prassi assicurare anche la casa contro i fenomeni naturali. Poiché l’assicurazione prevede un costo più alto più è alto il rischio che quell’evento si verifichi, il cittadino si renderebbe conto del grado di sicurezza della sua abitazione, si attiverebbe cioè un processo di consapevolezza del rischio reale al di là di condoni o sanatorie”.
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