Green economy: un’occasione per dire cosa non va in Italia | T-Mag | il magazine di Tecnè

Green economy: un’occasione per dire cosa non va in Italia

di Andrea Ferraretto

green economyLa questione è sempre la stessa: si protesta, anche in modo violento, perdendo di vista la possibilità di fare delle critiche e delle proposte. Da parte degli studenti ci sarebbero molte cose da contestare, rispetto a un modello economico in crisi che fa intravedere la green economy come una possibile soluzione ma senza intaccare l’idea che è necessario un cambiamento di politica economica. Sarebbe stato utile per esempio discutere di quanto l’assenza di politiche strutturali, che non siano episodiche e legate a incentivi, incida sulla precarietà delle iniziative di green economy e sulla creazione di posti di lavoro. Oppure mettere in evidenza che la green economy può essere uno strumento soltanto se si investe in formazione e specializzazione, riconoscendo il merito e la competenza delle figure professionali che dovrebbero far funzionare il sistema economico green.
Invece si sono contrapposti due rituali che non riescono più a dialogare, con il solito contorno di proteste urlate, bombe carta e manganelli: servirebbe ben altro per far intraprendere la strada della green economy all’Italia, cambiando il modo con il quale si individuano priorità e obiettivi, investendo con coerenza e continuità nel campo della ricerca scientifica, dell’innovazione tecnologica e delle politiche industriali.
È l’Europa a indicarci la strada, con gli esempi di cosa stanno realizzando altre regioni europee in materia di trasformazione e rigenerazione urbana, di politiche dell’energia, di tutela e gestione del territorio e della biodiversità: l’Italia sembra ancora ferma allo stadio in cui le politiche ambientali sono un complemento delle altre politiche.
Se da un lato si individuano le sfide dell’innovazione e della green economy, dall’altro si continua a ragionare in termini di “emergenza”, senza la capacità di incidere realmente sui modelli e sui processi. Ecco allora l’emergenza del dissesto idro-geologico, l’emergenza inquinamento atmosferico, l’emergenza rifiuti: emergenze alle quali non si riesce a dare una risposta in termini di cambiamento strutturale del paradigma di sviluppo.
Non è un caso se, accanto a ogni emergenza, vi sia sempre la necessità di reperire competenze e professionalità che vanno a incrementare la sacca di precariato, che proprio nella Pubblica Amministrazione, rappresenta il problema e l’impossibilità di cambiare, realmente, il modello che guida lo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese.
Si sconta, anche in questo caso, un ritardo accumulato dall’Italia laddove, alle dichiarazioni di principio non sempre fanno seguito le azioni e la realizzazione dei programmi: non ci sarebbe, altrimenti, la difficoltà cronica nell’utilizzare le risorse dei fondi strutturali e di altri finanziamenti europei; non ci sarebbe la carenza di una pianificazione del territorio e delle politiche di tutela del paesaggio.
Come per la green economy si potrebbe indicare l’assenza di una politica per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale; la debolezza della programmazione per l’innovazione e il rilancio delle aree urbane; l’incapacità di definire una politica nazionale del turismo: sono solo esempi che possono servire a dimostrare che è necessario un cambiamento sostanziale, non perseguibile soltanto attraverso le conferenze e, neanche, con le contestazioni violente.
Serve, in un momento come questo, che la Politica, prenda coraggio e sappia acquisire indirizzi e decisioni, che non siano solo dichiarazioni estemporanee ma vere e proprie trasformazioni culturali del modello di sviluppo della società, in termini sociali ed economici.
La green economy può essere un salto di qualità se uscirà dall’alveo dell’ipotesi, un po’ marginale, un po’ compensativa, di un modello che continua, nonostante tutto, a guardare al passato. Altrimenti sarà stato un altro di quei treni che corrono e passano oltre.

 

1 Commento per “Green economy: un’occasione per dire cosa non va in Italia”

  1. That’s an apt answer to an inrtnestieg question

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