L’Italia è come un treno, in ritardo
Se un’immagine descrive in modo emblematico la situazione che sta vivendo l’Italia è quella del treno deragliato in Liguria, qualche settimana fa, a causa della frana che ha visto coinvolta la collina su stante. Il treno si è arenato sulla massicciata, evitando, per un miracolo, che precipitasse in mare con il rischio che molti passeggeri potessero restare incastrati.
Come la Costa Concordia ora quel treno sta lì, per ricordare a ciascuno di noi il ritardo e l’incapacità dell’Italia di trovare una via d’uscita dalla trappola nella quale ci troviamo: un paese in panne, che subisce frane di roccia e frane sociali senza riuscire a opporre una qualsiasi forma di reazione che non sia la polemica e il veto incrociato. Servirebbe ben altro, un progetto, un’idea, per risollevare un paese stanco, deluso e demoralizzato, che vede il declino come un destino inesorabile, scoraggiato da una classe politica che non può dirsi adeguata, incapace di guidare la nazione attraverso una fase di trasformazione e cambiamento che sconvolge il Mondo intero.
Persino le alluvioni diventano il modo, tragico e inevitabile, per dichiararsi sconfitti davanti all’impossibilità di cambiare le politiche, adottando provvedimenti che siano adeguati ad affrontare una situazione che non è estemporanea ma richiede, viceversa, serietà e coerenza.
Il clima sta cambiando e la fragilità del territorio e delle città non può diventare la condanna per vedere il nostro paese martoriato da piogge, temporali e frane: serve ricostruire, serve predisporre interventi infrastrutturali, serve realizzare un programma basato sull’innovazione, la prevenzione e sull’adattamento.
I danni e le vittime delle alluvioni non possono diventare il costo inevitabile da pagare per anni e anni di incuria, indifferenza e incapacità: non servono più le vecchie formule e le soluzioni superate. Gli anni dei condoni e delle sanatorie hanno contribuito a portarci a questa situazione di stallo, dove l’ipocrisia di chi ha creduto che il problema non lo riguardasse ha determinato costi che, oggi, ciascuno di noi sopporta.
Ma non è solo un problema che riguarda geologi e ingegneri: serve che sia la politica a comprendere il cambiamento di paradigma. Una politica capace di assumersi le proprie responsabilità, con una scadenza temporale che non sia quella elettorale, ma con la serietà di obiettivi di medio e lungo periodo.
Una questione che non permette scorciatoie e alternative: le mezze misure e il compromesso a tutti i costi non è in grado di aiutarci a uscire da questa empasse. Come il territorio ci sono i rifiuti, l’energia, la mobilità e i trasporti: problemi infrastrutturali che richiedono di essere affrontati e risolti.
Questa volta non c’è neanche la manovra sconsiderata di un comandante, c’è un intero paese che deve ritrovare la rotta.