La canonizzazione dei due Papi
Un evento storico, con una partecipazione incredibile. È, in sintesi, quanto successo domenica a San Pietro. La celebrazione, presieduta da Papa Francesco, con numerosissimi prelati (un migliaio tra sacerdoti, vescovi e cardinali), ha visto la presenza di oltre un milione di fedeli, di 93 delegazioni di vari Paesi e il collegamento, in mondo visione, di milioni e milioni di persone. A rendere speciale l’evento anche la presenza del Papa emerito Benedetto XVI (invecchiato, ma in discrete condizioni), che ha goduto dell’affetto immutato dei fedeli.
Nell’omelia il Papa ha sottolineato degli aspetti dei pontificati dei due neo Santi (“coraggiosi nell’accogliere, nei fratelli, la carne di Cristo, e le sue piaghe”, piaghe presenti anche nel Corpo risorto); sia per il “Papa buono”, sia per il “Globetrotter di Dio” un ruolo rilevante lo ha avuto il Concilio Vaticano II: Papa Giovanni lo ha indetto, aprendolo nel 1962 (la chiusura dei lavori sarebbe stata opera di Paolo VI); Giovanni Paolo II, lo ha incarnato, portando la Chiesa nel mondo. Altro tratto comune, la Misericordia (e non a caso, la canonizzazione è avvenuta la II Domenica di Pasqua, dedicata alla Divina Misericordia): Giovanni XXIII ha molto insistito sulla distinzione tra peccato (da condannare) e peccatore (da redimere); a Giovanni Paolo II (autore di un’Enciclica sul tema) si deve l’istituzione della Festa della Divina Misericordia, ispirata, da Cristo stesso, a Suor Faustina Kowalska, canonizzata da Wojtyla proprio in occasione della stessa Festa nel 2000.
Sintetizzare in poche righe i pontificati, o addirittura le vite dei due Papi è impossibile: qualche aspetto però (al di là di quelli già sottolineati) lo si può evidenziare. Per Papa Roncalli, le umili origini; la lunga missione episcopale (significative le nunziature in Bulgaria dove, tra incomprensioni e scetticismi iniziali, avviò un proficuo dialogo con gli ortodossi, godendo del favore del popolo; in Turchia, dove collaborò col regime laico di Ataturk, intrattenendo quei buoni rapporti che gli sarebbero tornati utili durante la Seconda guerra mondiale, per poter salvare migliaia di ebrei, cosa che si rivelerà un ponte per l’apertura di un dialogo col mondo ebraico; ed in Francia, dove, nel sottolineare la vicinanza della Chiesa ai poveri, disapprovò però il nascente fenomeno dei preti operai); ed il suo pontificato, che doveva essere di transizione, ma che seguendo l’ispirazione dello Spirito Santo (come sottolineato da Papa Francesco) rivoluzionò come mai prima la Chiesa, tramite il Concilio, aperto col celebre discorso della Luna. Un ultimo aspetto di Papa Roncalli mi preme sottolineare: il suo impegno per la pace, sottolineato sia dall’Enciclica “Pacem in terris”, in cui condanna la guerra, senza se e senza ma, sia dall’azione diplomatica portata avanti durante il Pontificato, fatta, tanto di un lavoro, decisivo, di mediazione, di cui è espressione il ricevimento della figlia del leader sovietico Kruscev, col marito (ribadendo la necessità di distinguere il peccato – la scomunica, da lui confermata nel 1959, contro il comunismo – dal peccatore, che va accolto) quanto di pronunce ed appelli espliciti, per evitare che la crisi di Cuba del 1962 degenerasse in guerra nucleare senza scampo.
Per Giovanni Paolo II, prima dell’imprevista elezione, la tragedia personale (a 20 anni rimasto solo, per la morte di tutti i familiari) e nazionale, con la Polonia martoriata, dapprima dall’invasione nazista, nella quale Wojtyla perse numerosi amici, anche ebrei e maturò la sua vocazione, che portò avanti clandestinamente, per la chiusura dei Seminari e la persecuzione perpetrata ai danni della Chiesa; poi da quella sovietica, sotto cui le cose non migliorarono affatto. Ma Wojtyla, divenuto vescovo a soli 38 anni, non era tipo da tirarsi indietro. Due esempi: quando, durante le celebrazioni per la Madonna di Chestocowa, l’Icona della Vergine pellegrinava per Chiese e Santuari, il regime comunista, per il troppo seguito delle celebrazioni, decise di sequestrare quell’Icona; Wojtyla proseguì nelle iniziative, portando in processione la cornice vuota del quadro; risultato, la Madonna “arrestata” vide una partecipazione popolare ancora maggiore; l’edificazione delle parrocchie di fatto, col clamoroso caso di Nowa Huta: il regime non concedeva permessi per l’edificazione delle Chiese, ma il futuro Papa insisteva e creava comunque delle comunità di fatto. A Nowa Huta in particolare, il regime aveva previsto una città nuova, “depurata” dalla Fede; lo scopo era isolare persone e famiglie; persino gli edifici abitativi erano costruiti a moduli, isolati, in modo che per salutare i vicini, si doveva uscire dal proprio modulo, scendere al piano terra ed entrare in un altro modulo, salendo poi nell’appartamento: in pratica un viaggio, che scoraggiava molti. Le persone, isolate, senza spazi aggregativi, senza fede, erano più controllabili; Wojtyla, allora, incoraggiò l’edificazione di una chiesa clandestina; la lotta con le autorità fu durissima, ma alla fine, anche Nowa Huta ebbe la sua parrocchia.
Tra i ricordi del suo Pontificato: il discorso d’insediamento, il “non abbiate paura”, più volte ripetuto, con cui cominciò a picconare i regimi comunisti dell’Est ed il loro controllo sulla gente, basato proprio sulla paura; i numerosi viaggi, tra cui quelli iniziali, in Messico e nella sua Polonia, governati da regimi ostili alla Chiesa, che però non poterono fermare la marea umana di popolo, che entusiasticamente partecipava alle celebrazioni; l’attentato del 13/5/1981, da lui collegato alla profezia di Fatima, dal quale pur gravemente ferito, si salvò miracolosamente, e del quale perdonò Ali Agca, esecutore materiale; le iniziative per i giovani (come l’istituzione delle Giornate mondiali della gioventù) e per la famiglia (come ricordato da Papa Francesco) fondata sul matrimonio uomo-donna; la lotta contro marxismo e capitalismo, quasi due facce della stessa medaglia che intaccano il diritto alla libertà e dignità dell’uomo, diritti per i quali si batté incessantemente in difesa da ogni potere, economico, culturale, politico (si scontrò praticamente con tutti i Presidenti Usa, coi democratici sui temi etici e coi repubblicani sulle questioni militari) e anche mafioso (come mai prima); la difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale; la proclamazione della santità non come qualcosa di straordinario, ma quale chiamata universale (dimostrata anche dal gran numero di canonizzazioni avvenute nei suoi quasi 27 anni di papato); infine, il “Vangelo della sofferenza”, da lui vissuta fino all’ultimo, segno di contraddizione in un mondo che rifiuta la malattia, la vecchiaia, la morte. Al centro, sempre, l’annuncio di Cristo. Il popolo, che partecipava in modo oceanico alle sue Messe, lo ha fatto anche in quest’occasione.