Le multinazionali del cibo e le emissioni
Ricorre oggi, 5 giugno, la giornata mondiale dell’ambiente e per l’occasione Oxfam ha presentato uno studio dal quale emerge che “il 25% delle emissioni globali che determinano il cambiamento climatico sia ascrivibile alla produzione industriale di cibo delle grandi multinazionali dell’alimentare”.
L’analisi, che prende in esame le dieci maggiori aziende del sistema alimentare (Associated British Foods, Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg, Mars, la Mondelez International della Milka, Nestlé, PepsiCo e Unilever, che comprende Algida, Motta e Alemagna), spiega che se queste aziende adottassero politiche produttive più adeguate, potrebbero tagliare le loro emissioni di 80 milioni di tonnellate entro il 2020, un’azione equivalente a chiudere al traffico le maggiori città del mondo: Los Angeles, Pechino, Londra e New York.
Da sole queste dieci aziende producono un totale di 263,7 milioni di tonnellate di gas a effetto serra, più di quanto prodotto complessivamente da Qatar e gli Emirati Arabi Uniti. Secondo l’Oxfam la metà di queste emissioni viene prodotta in ambito agricolo.
Maurizia Iachino, Presidente di Oxfam Italia, ha lanciato un appello in cui chiede “ai cittadini italiani e a quelli di tutto il mondo di essere dei consumatori consapevoli facendo sentire la propria voce perché le imprese presenti con i loro prodotti alimentari nella quotidianità delle nostre tavole, modifichino il modo di produrre cibo, migliorando le proprie politiche di contrasto e prevenzione dei cambiamenti climatici. La voce dei consumatori di tutto il mondo ha già avuto grandi effetti: la campagna Scopri il Marchio è riuscita ad ottenere impegni importanti delle multinazionali del cibo in tema dei diritti delle lavoratrici e della salvaguardia della terra dei piccoli produttori, colpiti dal land grabbing. Un dialogo fin qui molto positivo, che ci auspichiamo possa produrre effetti concreti anche sul cambiamento climatico”.
Unilever ha calcolato che le perdite causate dai cambiamenti climatici ammontano a 415 milioni di dollari l’anno. La General Mills ha spiegato di aver perso 62 giorni di raccolto solo nel primo trimestre del 2014 a causa dei fenomeni atmosferici estremi.