Cosa succede in Israele
Naftali Frenkel, Gilad Shaar e Eyal Yifrach sono stati trovati in un campo a Halhul, a poca distanza dal luogo del loro rapimento, senza vita. I tre ragazzi erano stati sequestrati il 12 giugno a nord di Hebron mentre facevano l’autostop sull’autostrada 60 in Cisgiordania. Nei minuti immediatamente successivi al sequestro, uno dei tre adolescenti era riuscito a chiamare la polizia pronunciando poche parole: “Siamo stati rapiti”. Una richiesta d’aiuto caduta nel vuoto: gli agenti credevano si trattasse di uno scherzo, salvo poi provare a contattare il cellulare dal quale era partita la chiamata senza ottenere alcuna risposta. Allarmati dal tentativo del giovane, i rapitori hanno ucciso i tre ragazzi per poi scappare – probabilmente, secondo gli israeliani – nella Striscia di Gaza.
“Troveremo chi ha rapito ed assassinato i tre ragazzi e chi li ha aiutati. Vivi o morti”, ha ribadito il premier Netanyahu, parlando alla folla raccolta per la cerimonia funebre di martedì. Al di là degli annunci, il governo israeliano è diviso su come reagire.
Il ministro dell’Economia Naftali Bennet ha presentato un elenco contenente otto iniziative (tra queste vi è anche la possibilità di un attacco militare o dell’introduzione della pena di morte per i terroristi) per colpire Hamas. Ma al momento – anche grazie all’intervento di Netanyahu, convinto sostenitore di una reazione “morbida” – non è stata presa alcuna decisione (definitiva) in merito.
La reazione israeliana
Ciò non ha comunque impedito a Tel Aviv di colpire – per mezzo di raid aerei – 34 obiettivi a Gaza, come riferito dall’esercito israeliano attraverso una diffusione di un comunicato. Un’azione senza vittime tra i membri di Hamas (gli esponenti del gruppo hanno fatto perdere le loro tracce), ma non isolata: prima del ritrovamento dei corpi senza vita dei ragazzi, nel corso dell’operazione di ricerca (Brother’s Keeper) Israele aveva lanciato almeno quaranta razzi sul territorio israeliano.
La settimana scorsa, “a meno di 24 ore dopo il sequestro”, lo Shin Bet ne aveva individuato i responsabili: Abu Aysha e Marwan Kawasme, membri di Hamas. I due mancano dal loro quartiere Heres di Hebron fin da prima del rapimento e sono ancora latitanti. Le loro abitazioni sono state prontamente demolite dall’esercito israeliano, che per la prima volta dal 2005. Da par suo, Hamas ha prontamente negato qualsiasi coinvolgimento attraverso il proprio portavoce, Sami Abu Zuhri. “Qualunque reazione di Israele alla morte dei tre adolescenti, potrebbe aprire le porte dell’inferno”. L’augurio è che ciò non accada e che quanto successo all’alba di mercoledì (l’assassinio di un giovane palestinese, sequestrato poco prima nell’area di Beit Hanina a Gerusalemme est) resti un episodio isolato.
Dove è avvenuto il rapimento: l’Area C della Cisgiordania
Importante, per capire le dinamiche del rapimento, è anche il luogo dove è avvenuto: l’Area C della Cisgiordania, che comprende tutti gli insediamenti israeliani (a gennaio 2013, vi risiedevano circa 325 mila coloni, divisi in 135 insediamenti e 100 avamposti, mentre i palestinesi erano circa 150 mila unità – dati ONU). Insediamenti che l’Unione europea “ritiene – come osservato da un recente comunicato della Farnesina – illegali ai sensi del diritto internazionale” oltreché “un ostacolo alla Pace e rischiano di rendere irrealizzabile una soluzione del conflitto israelo-palestinese basata sui due Stati”. Oltre ad essere una parte molto vasta della Cisgiordania (il 60%), l’Area C è – di fatto – in territorio palestinese, ma è controllata dagli israeliani. A differenza di quanto accade per l’Area A (controllo palestinese) e l’Area C (controllo misto).