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La beatificazione di Paolo VI

di Alfredo Caputo

paolo_viCon la solenne Celebrazione presieduta da Papa Francesco, e concelebrata da numerosi altri prelati, tra cui il Papa Emerito Benedetto XVI, è stato proclamato Beato Paolo VI, un grande uomo, un grande, e mai sufficientemente apprezzato Papa, che resse le sorti della Chiesa, in un momenti assai difficile.
Uomo colto e riservato, di una famiglia medio borghese della provincia bresciana, classe 1897, Giovanni Battista Montini, frequentate le scuole dai Gesuiti, entra in seminario appena conseguita la maturità. Durante il periodo seminariale ed universitario scrisse per il periodico “La Fionda” e si iscrisse alla FUCI, di cui diverrà assistente nazionale; ordinato sacerdote nel 1919, conseguì le lauree in Utriusque Iuris (doppia, in Diritto Canonico e Diritto Civile) all’Università Gregoriana (Pontificia), ed in Lettere e Filosofia alla Sapienza. Completò la sua formazione con gli studi diplomatici alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, collaborando con la Segreteria di Stato
Un impegno doppio, dunque, per Montini, che provvide a riorganizzare la FUCI, malgrado le difficoltà interne (i dissensi, soprattutto con i Gesuiti, sul ruolo e sull’educazione) ed esterne (le pressioni del Governo fascista, che come ogni dittatura, non sopportava organizzazioni non inquadrate, e che oltretutto minacciavano di rompere il monopolio educativo del regime). Nel 1933 si dimette da assistente nazionale FUCI, dedicandosi totalmente all’impegno diplomatico, divenendo (1937), sostituto della Segreteria di Stato ossia “braccio destro” dell’allora Segretario di Stato (Cardinal Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII). Eletto Pacelli, e scoppiata la II Guerra Mondiale, Montini coadiuvò il nuovo Papa nella diplomazia sotterranea che cercava “dietro le quinte” di salvare, per quanto possibile, la popolazione civile, in particolare ebrei (vennero così salvati dalla deportazione oltre 4000 ebrei romani) e rifugiati politici (esponenti politici del CLN). In quel periodo Montini sviluppò le sue amicizie con i personaggi che sarebbero divenuti protagonisti per decenni della futura Repubblica: Andreotti, Fanfani e soprattutto Moro.
Ala morte del Cardinal Ildefonso Schuster (titolare, per 25 anni, della Cattedra di S. Ambrogio), il Papa nomina (autunno 1954) Montini Arcivescovo di Milano. Era il periodo della grande migrazione dal Sud a seguito dell’ industrializzazione, nel contesto della “guerra fredda” e della durissima contrapposizione tra mondo cattolico e comunismo, e la questione operaia incrociava problematiche sociali di prim’ordine. Il neo Arcivescovo cercò di farsi promotore di un dialogo tra forze sociali, promuovendo le ACLI (Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani). Assai importante (nonostante i risultati inferiori alle aspettative) fu la Missione per Milano, per la quale chiese il supporto materiale delle principali forze economiche della città; la Missione aveva l’intendimento di un nuovo annuncio evangelico in un contesto che già faceva intravedere (come sempre, a Milano, in anticipo sui tempi) i grandi cambiamenti sociali poi esplosi negli anni, compresa la secolarizzazione; e alla società che cambiava, bisognava portare questo nuovo annuncio del Vangelo, in una Chiesa, quella meneghina, in cui vi erano dei fermenti che sarebbero poi esplosi, dal fenomeno delle dimissioni dei sacerdoti, a quello dei preti di frontiera (attivi a livello di impegno sociale, tra cui Don Antonio Mazzi e Primo Mazzolari), alla nascita del movimento Comunione e Liberazione, fondato da Don Giussani.
Morto Pio XII (autunno 1958) fu eletto Papa Angelo Roncalli (Giovanni XXIII), che tra i suoi primi atti, nominò Montini Cardinale. Giovanni XXIII indisse il Concilio Vaticano II, ai cui lavori preparatori destinò tra gli altri proprio il Cardinal Montini. Il Concilio iniziò l’11/10/1962 ma si interruppe quasi immediatamente, per la morte del Pontefice.
Il Conclave elesse come nuovo Papa proprio Montini, che assunse il nome di Paolo VI, il quale riprese i lavori conciliari, portandoli a termine l’8/12/1965. La fine del Concilio segnò l’esplosione dei problemi con lo stesso Pontefice messo in discussione (“si credeva sarebbe venuta una giornata di sole per la Chiesa; è venuta, invece, una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza” com’ebbe a dire il Papa nel 1972, aggiungendo un’espressione che destò scalpore, “da qualche fessura il fumo di satana è entrato nel Tempio di Dio”). Detestato dai conservatori, che mal tolleravano le sue aperture (soprattutto la riforma liturgica, ossia la Messa col nuovo rito, che aboliva la modalità sub secreto di alcune parti, più breve e nelle lingue nazionali; la difesa del rito antico, che – va detto – conferisce un maggior senso del sacro alla liturgia, sarà una delle cause dello “scisma” dei tradizionalisti, al seguito del vescovo Marcel Lefevre), e non sostenuto dai progressisti che le ritenevano timide, seppe mantenere pur in un quasi isolamento, un buon equilibrio nel Governo della Chiesa.
Primo Papa a viaggiare a livello internazionale; significative le visite in Terra Santa ed in Turchia, da cui ripartì il dialogo con le Chiese Ortodosse (resterà memorabile l’abbraccio col Patriarca Atenagora), e il suo discorso all’ONU; tra i suoi viaggi in Italia, si ricordano in particolare la Celebrazione della Messa della notte di Natale, nel 1968, all’acciaieria Italsider di Taranto, in cui gettò un ponte di dialogo verso il mondo del lavoro, con cui “anche da parte della Chiesa vi erano state incomprensioni”; la visita pastorale a Venezia, con la Messa in piazza San Marco al termine della quale tolse la stola papale, per metterla addosso al Patriarca, Albino Luciani, da lui stesso nominato Cardinale, e che sarà il suo primo successore (Giovanni Paolo I); significativa anche la visita a Pescara (1977).
Sua l’istituzione del Sinodo dei Vescovi (1965), uno dei “frutti” del Concilio; importante anche l’impegno per la pace: si deve a lui l’istituzione della Giornata per la Pace, celebrata nella Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio (Capodanno).
Scrisse diverse Encicliche, tra cui le più significative furono la Populorum Progressio (1967), sullo sviluppo ed il rapporto tra i popoli (“Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario … I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia”); e l’Humanae Vitae (1968), che rappresenta il fulcro della morale familiare e sessuale della Chiesa; il concetto centrale è l’inscindibilità tra atto sessuale e finalità procreativa, nel senso di non escludere, nel rapporto sessuale, la finalità procreativa (tramite uso di anticoncezionali, chimici o meccanici). Fu chiamata, con eccesso di semplificazione, l’Enciclica del “no alla pillola”; in realtà, il discorso è più ampio: la dottrina parla di illiceità morale (peccato grave che esclude dall’Eucaristia) di ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio (ovviamente per matrimonio si intende quello uomo – donna e solo quello canonicamente valido, quindi, non le seconde nozze civili), e con stringenti limiti, anche all’interno della coppia, pur se regolarmente sposata; l’unico atto moralmente ammissibile è il rapporto proprio tra marito e moglie, senza ricorrere agli anticoncezionali, e men che mai all’aborto; per cui restano moralmente illeciti: aborto, sesso individuale, sesso di gruppo, rapporti diversi da quelli propri, omosessualità, rapporti extra (pre, post, extra) matrimoniali, prostituzione, uso di contraccettivi. Nell’Enciclica si affronta anche il problema della genitorialità responsabile “in rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita”. Problemi tuttora attualissimi. Fu uno dei momenti più duri per Paolo VI anche all’interno della Chiesa, per non parlare delle contestazioni esterne: la decisione del “no alla pillola” fu presa quasi in solitudine; quasi tutti i vescovi erano favorevoli agli anticoncezionali; ad appoggiare il Papa erano in pochissimi, tra cui Monsignor Wojtyla (il futuro Giovanni Paolo II) che da lui sarà nominato cardinale; fu in quell’occasione che Padre Pio scrisse una “lettera aperta” all’ordine dei cappuccini (di cui faceva parte), per pregare in sostegno del Papa.
L’amicizia coi leader democristiani fece di Montini l’ultimo papa “politico” nel senso di vicinanza alla politica italiana. Fu sotto la sua spinta, a ribadire l’indissolubilità del matrimonio anche civile, che nel 1974, all’epoca del referendum sul divorzio, la DC respinse la proposta di Berlinguer di evitare il voto con un compromesso che limitasse la possibilità dello scioglimento ai soli matrimoni celebrati con rito civile, escludendo quelli religiosi (che, pure, producono effetti civili).
Molto amico di Aldo Moro, fu particolarmente segnato dalla vicenda del sequestro e della tragica fine del leader democristiano (primavera 1978): mosse dietro le quinte la diplomazia vaticana per cercare di aggirare “la linea della fermezza” proclamata dalle istituzioni repubblicane, anche radunando del denaro, in vista di un possibile riscatto; rivolse un accorato e drammatico appello agli “uomini delle brigate rosse”, per il “rilascio immediato e senza condizioni dell’on. Aldo Moro” ma com’è noto fu tutto inutile. Alla celebrazione in suffragio (non le esequie, che si tennero in forma strettamente privata: la famiglia dell’ex Premier rifiutò sdegnosamente i funerali di Stato), risuonarono le parole del Pontefice, cariche di dolore, anche verso Dio “le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il De profundis, il grido cioè ed il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico”. Avanti negli anni e segnato da questa tragedia, Paolo VI si spense il 6 agosto dello stesso anno a Castel Gandolfo.

 

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