Per una rinnovata qualità del lavoro
Lontano dai riflettori della politica, lontano dai centri nevralgici degli affari, ogni giorno si muovono migliaia di persone in cerca di lavoro. Come è cambiata la ricerca di una occupazione? La crisi e il fluire degli eventi hanno modificato il pensiero ed il comportamento di chi cerca occupazione?
Il mondo dei disoccupati ha accolto purtroppo nuove categorie che, precedentemente, non appartenevano a questa realtà. I senza lavoro non sono più soltanto gli studenti neolaureati o neodiplomati, ma anche i trentenni e gli ultraquarantenni con alle spalle carriere fino a ieri sicure e cariche di promesse mancate. A loro si uniscono anche mogli e madri casalinghe che non possono più permettersi di vivere e mantenere un certo tenore di vita con un solo stipendio, e per finire si aggregano le sempre innumerevoli schiere di stranieri, attirati da un miraggio che per noi è già dissolto da un pezzo.
Nelle sale di attesa delle agenzie di collocamento, diverse umanità incrociano le loro vite sospese, sguardi perplessi si scambiano occhiate di comprensione e solidarietà, mentre mille pensieri si affollano nella loro mente e nei volti straniti. Pensieri che si trasformano in espressioni di speranza, disperazione, sicurezza e lampi di fiducia. Chi cerca lavoro cerca anche ascolto, vuole esprimere nel breve momento del colloquio anche la propria natura, vuole raccontare la propria vita, vuole convincere chi ha davanti a sé che è la persona migliore da assumere e poco importa se molti non hanno ancora bene compreso il nuovo corso del mondo del lavoro, se non sanno districarsi tra i mille tipi di contratti e di assunzioni possibili. La maggior parte delle persone è ancora legata al concetto di stipendio fisso e di contratto che non deve essere rinnovato ogni tot e persino i giovani faticano a capire quanto il mercato del lavoro si sia evoluto e corra verso soluzioni alternative, diverse, ma non sempre negative. Eppure spesso si coglie nei candidati in cerca di un mestiere un senso forte di smarrimento per cui si pongono sin da subito in un’aurea negativa verso il selezionatore, che si scontra con la sfiducia dilagante mista a una totale assenza di informazioni, perché nonostante il termine jobs act sia ormai sulla bocca di tutti, ai più, se si parla di lavoro, sembra di addentrarsi in una giungla di termini inusuali e di leggi incomprensibili. Esiste come un divario spazio temporale tra come appare e come viene gestito il mondo del lavoro sui media e dalla politica e come in realtà viene percepito dalla gente comune, che accoglie novità e aggiornamenti con diffidenza o che si lascia trascinare da un semplicistico entusiasmo ma che poi lo rigetta nel momento in cui le proprie aspettative non sono realizzate.
È necessario un avvicinamento tra speranze e desideri della gente, burocrazia e gestione del lavoro. Uno sforzo enorme sicuramente dovrà essere fatto da entrambe le parti: le persone dovranno adeguarsi e lasciarsi guidare verso le nuove forme contrattuali che sicuramente possono premiare chi si impegna con fatica e con entusiasmo, ma dall’altro lato i dirigenti dovranno comprendere maggiormente cosa significhi il posto di lavoro per migliaia di persone e di famiglie. Il vero cambiamento non deve essere solo un concetto astratto di cui riempire titoli dei quotidiani. Forse tutto questo è ancora lontano o forse è più vicino di quello che potrebbe sembrare. La strada, certo, si è aperta e bisogna continuare ad andare avanti anche nel piccolo mondo di tutti i giorni. Viene quasi da pensare che persino un male enorme come la crisi possa portare qualcosa di buono, perché era necessario rinnovare il concetto di lavoro e questo prima o poi porterà buoni frutti, nuova e sana competitività. E speriamo che non si tratti anche in questo caso di semplicistico entusiasmo.