Anche i dottori di ricerca sentono la crisi
Nonostante i livelli di occupazione dei dottori di ricerca si presentino sempre alti, a differenza di altre categorie, anche nel loro caso l’ISTAT, nella seconda rilevazione censuaria sui dottori di ricerca (la prima è stata realizzata nel 2009), ha notato un peggioramento rispetto alle precedenti analisi. Andando per ordine è doveroso sottolineare una serie di dinamiche che si sono verificate nel panorama dei dottori di ricerca. Innanzitutto il numero degli individui che hanno conseguito il titolo negli anni di riferimento è aumentato passando dalle 8.443 unità del 2004 alle 11.229 del 2008 e dalle 10.125 del 2006 alle 11.240 del 2010. Dal censimento si notano poi una prevalenza maggiore di donne (in media la percentuale si attesta al 52%) e un aumento degli stranieri (la quota sul totale è passata dal 2,2% del 2004 al 6% del 2010).
È poi opportuno sottolineare che, mentre il primo censimento analizzava la situazione lavorativa dei dottori di ricerca a tre e cinque anni dal conseguimento del titolo (tra 2004 e 2009 e tra 2006 e 2009), l’ultima analisi prende in considerazione un periodo pari a quattro e sei anni (dunque tra 2008 e 2014 e tra 2010 e 2014). Bisogna quindi tener conto del fatto che tra i due periodi considerati c’è una sostanziale differenza di tempo a disposizione di chi cercava lavoro in quel dato momento.
Detto questo, i dati mostrano che a quattro anni dal conseguimento del titolo il 91,5% dei dottori del 2010 ha un’occupazione, mentre il 7% è in cerca (la percentuale tra 2006 e 2009 era del 92,8%). La percentuale di dottori del 2010 che hanno iniziato a lavorare prima del conseguimento del dottorato è del 31,6%, il 59,9% ha iniziato dopo il conseguimento del titolo, mentre l’1,5% non ha lavoro ma neanche lo cerca. La percentuale di donne con dottorato che lavora si attesta all’89,5%.
Tra i dottori che hanno conseguito il titolo nel 2008 il 93,3% ha un lavoro (contro il 94,2% dei dottori del 2004 intervistati nel 2009), mentre il 5,4% è in cerca. In questo caso nel 30,6% dei casi il lavoro è stato iniziato prima del conseguimento del dottorato, nel 62,7% dopo. Nell’1,3% dei casi si parla invece di persone che non cercano lavoro. Anche in questo caso il numero di dottori di sesso femminile scende rispetto alla media, portandosi al 91,8%.
Sia per quanto riguarda i dottori del 2008 che quelli del 2010, circa la metà di quelli che lavorano presentano forme contrattuali a termine: 43,7% (48,6% per le donne) nel primo caso e 53,1% (57,65 per le donne) nel secondo.
Quasi tre quarti degli intervistati, dunque il 73,4% dei dottori con titolo conseguito nel 2008 e il 74,4% di quelli con conseguimento nel 2010, spiega di svolgere attività di ricerca e sviluppo. Alta la percentuale anche di quanti dichiarano di svolgere un lavoro consono al proprio titolo di studio: 89,1% per quelli del 2008 e 87% per quelli del 2010.
Altra differenza di genere si riscontra se si guarda ai redditi. I dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo nel 2008 a sei anni dal raggiungimento del loro obiettivo guadagnano in media 1.750 euro netti al mese (1.663 euro il reddito mensile dei dottori del 2010). Le donne hanno redditi nettamente più bassi. Il che giustifica una propensione maggiore da parte della quota femminile all’orario ridotto: le ore lavorate settimanalmente dalle donne sono in media 35,5, quelle lavorate dagli uomini 40. Inoltre il lavoro part-time interessa oltre il 19% delle dottoresse, contro il 9% dei dottori di sesso maschile.
Dall’analisi è emersa poi una propensione alla fuga dall’Italia più alta rispetto al primo censimento. Gli intervistati nel 2014 dall’Istat che vivono all’estero sono il 12,9% del totale, contro il 6% rilevato nel 2009.
(articolo pubblicato il 21 gennaio 2015 su Tgcom24)