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La liberalizzazione degli orari

carrello_della_spesaQuanto certificato dall’Istat (un miglioramento delle vendite al dettaglio a luglio) riguarda principalmente la Grande distribuzione organizzata. Mentre i negozi più piccoli vivono ancora momenti di difficoltà. Difficoltà che, secondo il commento di Confesercenti, aumentano al ridursi della dimensione dell’impresa.
Secondo l’Istat, a luglio le attività commerciali con meno di 5 dipendenti hanno registrato un nuovo calo delle vendite su base annua (-0,2%). Contemporaneamente, invece, le vendite delle imprese fino a 50 dipendenti e quelle con oltre 50 addetti sono cresciute (rispettivamente) dello 0,6 e del 3,5%.
Come mai queste differenze? Secondo Confesercenti, i negozi più piccoli stanno pagando l’effetto della liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, introdotta nel 2012 con il decreto Salva Italia. In pratica, il decreto consente all’imprenditore di decidere in piena libertà in quali giorni e per quante ore aprire o chiudere il proprio negozio.
Una deregulation, che ha permesso all’Italia di seguire l’esempio di altri 13 partner europei – tra cui Svezia, Irlanda, Portogallo e Croazia – , ma che non piace a tutti. Per Confesercenti, ad esempio, la liberalizzazione degli orari ha creato “un regime di concorrenza insostenibile per i piccoli” commercianti e i negozi tradizionali, che dal 2012 hanno perso il 3,3% delle quote di mercato, a favore della Grande distribuzione organizzata (Gdo).
Federdistribuzione, che organizza e rappresenta la grande distribuzione organizzata in Italia, la pensa diversamente. La liberalizzazione degli orari, argomenta Federdistribuzione, ha arginato tanto il crollo dei consumi – per Nielsen, le famiglie con maggiori disponibilità economiche hanno aumentato gli acquisti nei giorni festivi – quanto di aumentare le ore lavorate e di conseguenza di far crescere i salari nella Distribuzione moderna organizzata: circa 400 milioni di euro di salari erogati in più l’anno.
Inoltre, aumentando le ore medie lavorate, la Dmo ha avuto la necessità di assumere nuovo personale: le nuove assunzioni sono state circa 4.200, il 55% delle quali è stato effettuato attraverso contratti a tempo determinato part time, inclusi i contratti part time weekend.
Secondo Federdistribuzione, dunque, il difficile momento dei negozi tradizionali non deriva all’avvento della liberalizzazione degli orari, ma è dovuto solo alla crisi economica. Crisi che non ha fatto sconti a nessuno: dal 2011 al 2014, ricorda Federdistribuzione, sono diminuiti i punti vendita tradizionali (-18.606) quanto – seppur in misura minore – quelli della Dmo (-2.504).

 

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