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Inquinamento, l’Italia e il triste primato

Con 84.400 decessi dovuti alle emissioni nocive registrati nel 2012, il nostro è il primo paese in Europa per morti premature da inquinamento

Una guerra a bassa intensità: solo nel 2012 l’Italia ha registrato 84.400 decessi dovuti alle emissioni nocive, rendendo il nostro il primo paese in Europa – 491 mila vittime, nel totale – in cui si muore per inquinamento atmosferico. Sono i dati contenuti nell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), che arriva puntuale mentre a Parigi si apre il summit mondiale dell’Onu sui cambiamenti climatici Cop21.

Di questi oltre 84 mila decessi prematuri, 59.500 sono dovuti a concentrazioni troppo elevate di polveri ultra sottili, 3.300 all’ozono e 21.600 al diossido di azoto. In realtà le tipologie di morti non possono neppure essere sommate tra loro in quanto spesso le diverse esposizioni all’inquinamento si mescolano. Nell’Ue la principale causa di morte prematura si deve alle polveri ultrasottili (403 mila), poi al biossido di azoto (72 mila) e all’ozono (16 mila). Quanto emerge per l’Italia dal rapporto è l’eccedenza di sostanze nocive, in larga parte biossido di azoto, quello degli scarichi delle auto per capirci. Un dato che non dovrebbe stupire troppo, visto il numero elevato di vetture circolanti che dà forma al parco auto più vecchio d’Europa.

L’Italia, poi, vanta il triste primato sull’ozono mentre sulle polveri sottili ci fa compagnia la Germania. Anche Spagna, Francia e Polonia registrano in quest’ultima voce un impatto decisivo sulla salute dei cittadini. L’area più inquinata nel nostro paese è quella della Pianura Padana, con Brescia, Monza, Milano, (ma anche Torino) che superano il limite fissato per le micro polveri a livello europeo della concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria. Altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna e Cagliari presentano livelli qualitativi inaccettabili.

In generale il tema dell’inquinamento e del cambiamento climatico – al centro dell’agenda di Parigi – non è importante solo per la salvaguardia ambientale, ma anche per l’impatto economico e i costi sociali che da esso possono derivare. Un recente studio della Banca mondiale afferma che il cambiamento climatico potrebbe provocare, già entro il 2030, un aumento delle persone (oltre 100 milioni, si stima) che vivono sotto la soglia di povertà a causa di malattie e ingenti danni per settori strategici quali l’agricoltura.
Allarmismi a parte, di recente l’Eurostat ha diffuso i dati – che si riferiscono al periodo 2012-2013 – sulla lotta al cambiamento climatico da parte dei Ventotto. L’Italia, ad esempio, risulta essere non a caso tra i paesi che meno ha diminuito le emissioni di CO2, pur distinguendosi per riduzione dei consumi energetici e ricorso alle rinnovabili.

 

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