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Imprese protestate ai minimi dal 2007

imprese_stretta_creditiziaIl CERVED, il gruppo che valuta la solvibilità e il merito creditizio delle imprese, sostiene che in Italia “la crisi è stata superata”. L’affermazione troverebbe conferma nel calo delle società non individuali protestate rilevato nel 2015, che si somma alla contemporanea riduzione numero di chiusure aziendali e liquidazioni volontarie già certificato precedentemente.
Il dato relativo al 2015 – 28mila protesti, pari al 19% in meno rispetto al 2014 – è inferiore ai livelli del 2007. Quello relativo alla diminuzione delle società protestate non è l’unico segnale positivo, però. Secondo il CERVED, sono diminuiti anche i tempi medi di liquidazione delle fatture che non sono mai stati così bassi dal 2012: lo scorso anno, i fornitori hanno atteso mediamente 76 giorni (cinque giorni in meno rispetto al 2012) prima di vedere saldate le proprie fatture.
Si tratta di un dato positivo: negli anni della crisi economica, il ritardo dei pagamenti ha rappresentato uno dei problemi principali per le imprese italiane, alcune delle quali sono state costrette a chiudere i battenti. Secondo la CGIA di Mestre, tra il 2008 e il 2012 sono state oltre 15mila le aziende sono fallite a causa dei ritardi dei pagamenti, soprattutto (nel 31% dei casi) da parte delle pubbliche amministrazioni.
Sia la riduzione dei tempi di pagamento che il calo del numero delle società protestate sono conseguenze inevitabili della crisi economica: il CERVED osserva che la recessione ha costretto le imprese più fragili ad uscire dal mercato e convinto i fornitori a concedere credito commerciale con maggiore cautela.
Il risultato? Il tessuto imprenditoriale italiano esce dalla crisi con un numero inferiore di aziende, ma più virtuose, che pagano i fornitori con maggiore regolarità.
Non tutti i dati sono positivi, però: seppur diffuso, il miglioramento sul fronte dei protesti e dei pagamenti osservato nel 2015 mostra ancora una situazione di fragilità in alcuni settori (distribuzione e produzione beni di largo consumo) e un divario crescente tra le regioni settentrionali e quelle meridionali del Paese.

 

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