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Rivoluzione digitale: robotica e mondo del lavoro

di Umberto Schiavella

robot“Nessun artificio può imitare l’operosità della natura…”. Così affermava Marco Tullio Cicerone, ma a ben vedere oggi le cose sembrano molto diverse. Qualche settimana fa un video pubblicato dalla Boston Dynamics, la società spin-off del MIT (Massachusetts Institute of Technology) acquisita da Google e già nota per i suoi prototipi robotici costruiti per conto dell’agenzia DARPA, ha stupito il mondo mostrando alcune delle sue creature meccaniche perfettamente operative, ma allo stesso tempo si è insinuato qualcosa di inquietante: Skynet sta arrivando?
Nel filmato viene presentato Atlas Droid un robot che dispone di capacità manuali e movimenti talmente umani da risultare veramente spaventosi. Ma il bello, si fa per dire, è quando un ingegnere inizia a stuzzicarlo impedendogli di portare a termine i suoi compiti. Il primo vero caso di cyberbullismo: Atlas non reagisce, quello che a lui interessa è completare la sua “missione”, l’azione di disturbo non viene interpretata dal robot come ostile e per questo motivo non reagisce contro il suo creatore, almeno per ora.
Fino a pochi anni fa è stato il reparto industriale il principale ambito di applicazione della robotica, ma lo scenario sta cambiando rapidamente. Sviluppo tecnologico e riduzione dei costi di produzione stanno rendendo possibile la creazione di robot sempre più senzienti e sofisticati che si stanno diffondendo in numerosi settori, come la sanità, la difesa o l’assistenza, ma anche nella nostra vita di tutti i giorni come l’intrattenimento e la pulizia della casa, i cosiddetti robot personali.
Il 2015 è stato l’anno più importante per lo sviluppo della robotica, 1,2 miliardi di dollari il valore degli investimenti, 1,9 miliardi quello delle acquisizioni, 28,3 miliardi conseguiti dal mercato mondiale. Un settore in costante crescita che vedrà un vero e proprio boom negli anni a venire. E questo è stato confermato dal rapporto The future of jobs presentato lo scorso gennaio al World Economic Forum di Davos. Si stima che entro il 2020 il valore complessivo del mercato della robotica raggiungerà i 151,7 miliardi di dollari e, per la prima volta, a trainare le vendite sarà proprio il comparto privato. Nei prossimi due anni si calcola che saranno venduti circa 35 milioni di robot personali in tutto il mondo per uso domestico, intrattenimento, assistenza ed educazione. E’ stato valutato che entro i prossimi 10 anni, negli Stati Uniti, una famiglia su dieci avrà un automa in casa, i cosiddetti social robot che si distingueranno per l’elevato grado di socialità che li renderà adatti alla vita insieme all’uomo capaci di riconoscere volti, voci e stati d’animo e di rispondere alle diverse situazioni.
Ma al di là dagli scenari fantascientifici che sembrano delinearsi, emergono altri fattori che avranno conseguenze sulla nostra vita di tutti i giorni, in particolare quali saranno le ripercussioni della robotica sul mondo del lavoro e dell’occupazione? Sempre secondo i dati emersi dalla ricerca The future of jobs si prevede che nei prossimi cinque anni saranno circa cinque milioni i posti di lavoro che andranno persi proprio in virtù dello sviluppo dell’industria dei robot che provvederanno a svolgere una serie di lavori prima a totale appannaggio degli esseri umani. Ma non solo, rientrano in questo trend anche i passi in avanti fatti con l’intelligenza artificiale, le stampanti 3D, le biotecnologie e la genetica, tutti campi che avranno un grande sviluppo nel prossimo futuro. Ed è forse questo il tema centrale della discussione, ossia la velocità con la quale la trasformazione digitale nelle sue differenti forme, dall’innovazione tecnologica a quella di prodotto e di processo, sta accorciando il ciclo di vita delle conoscenze necessarie per i lavoratori. Infatti, se prima skill e competenze permettevano di eseguire incarichi e ricoprire ruoli per molti anni, oggi, la velocità dell’innovazione tenderà a favorire l’obsolescenza di tali competenze con ripercussioni importanti non solo sui livelli occupazionali, ma anche sulla tipologia di capacità e competenze da prediligere per affrontare un simile cambiamento. Sempre secondo il report è pur vero che imprese, stati e istituzioni dovranno farsi carico di questo cambiamento, molte saranno le professionalità che verranno sostituite, ma è anche vero che questa rivoluzione potrà liberare e creare nuovi posti di lavoro, la cosiddetta digital disruption che si tradurrà in un guadagno di circa due milioni di posti di lavoro legati al mondo dell’IT, della matematica, dell’architettura e dell’ingegneria, ma, soprattutto, della statistica e dell’analisi dei Big Data. Non bisogna perdere tempo, è importante strutturare una vera pianificazione per far sì che questa transizione digitale si trasformi in una vera opportunità sia per la forza lavoro che per le giovani generazioni, se non si avrà la possibilità di fare questo allora sì che potrebbero sorgere scenari apocalittici degni dei migliori film di fantascienza, come dire Skynet è alle porte, ma possiamo ancora impedire che prenda definitivamente il controllo del mondo e delle nostre vite.

 

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