Lavoro: il contributo degli autonomi
A differenza del più recente passato un notevole contributo al mercato del lavoro è giunto dalla componente degli autonomi. Infatti la crescita occupazionale registrata a giugno dall’Istat, che ha riguardato sia uomini che donne, è dipesa molto dagli indipendenti (+78 mila unità) a fronte dei dipendenti, pressoché invariati. I lavoratori autonomi, soprattutto quelli che operano in determinate categorie, hanno sofferto molto la crisi economica, eppure l’autoimprenditorialità si è rivelata in taluni casi un antidoto fondamentale al fine di creare occupazione. Giovani e donne per lo più, ma anche over 50: queste le classi di età e sociali maggiormente coinvolte, specialmente negli anni della crisi.
Secondo il Censis – l’indagine è di fine 2015 – in Italia ci sarebbero 914 mila lavoratori autonomi d’età compresa tra i 20 e i 34 anni, vale a dire il numero più alto tra i nostri principali partner europei. In Germania, ad esempio, ce ne sono rispettivamente 528 mila.
Certo un lavoratore autonomo non è immune alle difficoltà: stando ad uno studio di Confesercenti, rispetto ai lavoratori dipendenti, gli autonomi sono coloro che in proporzione hanno pagato il prezzo più caro tra il 2007 e il 2014, in termini di posti di lavoro persi. In questo senso, perciò, il disegno di legge sul lavoro autonomo, che ha ottenuto nei giorni scorsi un primo via libera dalla commissione Lavoro del Senato, dovrebbe favorire il percorso di chi intende mettersi in proprio, garantendo maggiori tutele e opportunità.
Basti un esempio per tutti: nell’ultimo Osservatorio lavoratori autonomi, l’Inps ha rilevato che il numero degli artigiani è diminuito costantemente negli anni della crisi. In particolare, gli artigiani sono cresciuti fino al 2007, salvo poi iniziare a diminuire ogni anno di circa un punto percentuale dal 2008 al 2012 e di circa due punti tra il 2012 e il 2015.
Più garanzie agli autonomi favorirebbero inoltre una maggiore partecipazione al mercato del lavoro, tuttavia già osservata negli ultimi mesi con la diminuzione degli inattivi. Il tasso di mancata partecipazione è rallentato l’anno scorso (-0,4% sul 2014), per la prima volta dal 2006.