Il costo economico dei terremoti
Mentre prosegue la conta dei morti – nel momento in cui scriviamo il bilancio delle vittime del terremoto del 24 agosto che ha colpito il Centro Italia è salito a 268 – la Procura di Rieti ha già avviato un’indagine per disastro colposo. Il presupposto è capire se gli edifici venuti giù nei paesi interessati dal sisma fossero a norma, in considerazione del fatto che alcuni di essi – ad esempio la scuola Romolo Capranica di Amatrice (materne, elementari e medie) – sono crollati nonostante le precedenti opere di ristrutturazione in chiave antisismica.
C’è un pensiero che ci accompagna come un mantra ad ogni tragedia, ormai avvenuta: era possibile evitare tutto questo? E la prevenzione non costerebbe alla collettività meno della ricostruzione? Nel Primo rapporto Ance/Cresme – Lo stato del territorio italiano 2012 viene spiegato che “rispetto al resto dei paesi del Mediterraneo, l’Italia è considerato un paese a sismicità medio-alta: in media ogni 100 anni si verificano più di 100 terremoti di magnitudo compresa tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore a 6,0”. Negli ultimi anni, dal 2009, abbiamo assistito a tre diversi eventi di grave entità. Il primo a L’Aquila, poi l’Emilia-Romagna nel 2012 e il Centro Italia (coinvolgendo una vasta area tra alto Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo) soltanto pochi giorni fa. In altre parole il rischio sismico è piuttosto frequente e a questo dovremmo poi aggiungere calamità naturali di altro tipo quali alluvioni e dissesto idrogeologico.
I COSTI DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO E DEI TERREMOTI
Si stima che in Italia il 60% dei vecchi edifici non siano sicuri e che ammontino a cinque milioni quelli ubicati in zone ad elevato rischio sismico. Come ricorda Il Sole 24 Ore, secondo le analisi della Protezione civile, servirebbero 50 miliardi di euro solo per adeguare gli edifici pubblici. Con quelli privati il costo lieviterebbe di circa cento miliardi. Il rapporto Ance/Cresme osserva che il costo complessivo dei danni provocati dai terremoti e dagli eventi franosi ed alluvionali dal 1944 al 2012, rivalutato in base agli indici Istat al 2011, supera i 240 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all’anno. I costi sono così ripartiti: nel periodo considerato 181 miliardi (75%) riguardano i terremoti, 61,5 miliardi (25%) il dissesto idrogeologico. Il costo medio annuo è pari a circa 2,6 miliardi per i terremoti e a meno di 1 miliardo per alluvioni e frane. Dal 1944 al 2009 i costi dei terremoti risultano essere pari a 168 miliardi di euro (54 per il dissesto idrogeologico), dal 2010 al 2012 13 miliardi (7,5 per il secondo caso): “I danni provocati dagli eventi sono ingenti sia in termini economici che di perdita di vite umane poiché ricadono su un patrimonio edilizio ‘fragile’ e altamente vulnerabile”. Il 25 agosto Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato d’emergenza per i territori coinvolti e stanziato i primi 50 milioni di euro che sono destinati agli interventi di immediata necessità che verranno coordinati dalla Protezione civile.
CHI OSSERVA I TERREMOTI
Altra questione, in discussione da anni, è la possibilità (o meno) di prevedere i terremoti. La risposta è no, al momento non siamo in grado di prevederli, il che implica – a maggior ragione – l’opportunità di un diverso livello di prevenzione rispetto all’attività sismica. La Rete Sismica Nazionale viene monitorata dall’INGV, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (qui la lista dei terremoti visualizzati in tempo reale). A tale proposito il rapporto Ance/Cresme ci viene ancora una volta incontro: “Le aree più interessate dal fenomeno si trovano lungo l’intero arco appenninico, nella parte orientale delle Alpi e in corrispondenza delle aree vulcaniche (attive o storiche). La maggior parte degli eventi sismici rilevati dagli strumenti non vengono avvertiti dalla popolazione sia perché hanno magnitudo limitata, inferiore a 4,0, sia perché il loro epicentro ricade in zone non abitate. Negli ultimi 30 anni oltre 50 terremoti hanno avuto una magnitudo superiore a 5,0”.
Nelle ore immediatamente successive al terremoto del 24 agosto, altre scosse, più o meno forti, si sono verificate e ancora proseguono in questi frangenti. Nel 2012, in occasione del sisma che colpì l’Emilia-Romagna, proprio su queste pagine intervistammo Doriano Castaldini, professore di Scienze della terra all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il quale rammentò come “nel ’97-’98 lo sciame sismico in Umbria e nelle Marche proseguì per 11 mesi”, cinque, sei a L’Aquila. Le scosse di assestamento, quindi, potrebbero durare per un periodo prolungato.
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