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La produttività del lavoro tra il 1995 e il 2015

Attraverso la misurazione di questo indicatore è possibile comprendere la capacità di un'economia di crescere
di Redazione

Quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’ISTAT – tra il 1995 e il 2015 la produttività del lavoro in Italia è cresciuta dello 0,3% medio annuo – è una performance al di sotto della media europea: nello stesso periodo, la crescita media registrata nell’UE è stata decisamente superiore (+1,6%).
La misurazione della produttività è importante perché permette di quantificare il contributo offerto nella produzione di un prodotto dai “fattori produttivi primari” (lavoro e capitale) e dalla “produttività totale dei fattori”.

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In particolare, poi, l’ISTAT sottolinea che la “produttività totale dei fattori” consente di misurare gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori che incentivano la crescita economica (le innovazioni nel processo produttivo, i miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i miglioramenti nell’esperienza e nel livello di istruzione raggiunto dalla forza lavoro…).
Tra il 1995 e il 2015, la produttività del lavoro – calcolata come il valore aggiunto per ora lavorata – è cresciuta mediamente dello 0,3% all’anno (nell’UE la crescita media annua è stata dell’1,6%), grazie agli incrementi medi del valore aggiunto (+0,5%) e delle ore lavorate (+0,2%).
Scendendo nel dettaglio, si scopre che tra il 2003 e il 2013 la produttività del lavoro è aumentata mediamente dello 0,2% all’anno, in un contesto economico caratterizzato da una tendenza alla discesa sia del valore aggiunto (-0,3%) sia delle ore lavorate (-0,5%). L’ISTAT rileva anche che – complice un aumento del valore aggiunto (+0,2%) e una diminuzione delle ore lavorate (-0,2%) – la produttività del lavoro è cresciuta dello 0,4% nel 2014, salvo poi tornare a diminuire (caso unico in Europa) l’anno successivo (-0,3%).
Nel periodo che va dal 1995 al 2015, la produttività del capitale – ovvero il rapporto tra il valore aggiunto e l’input di capitale – è diminuita mediamente dello 0,9% all’anno. L’ISTAT spiega che il calo è dovuto ad un aumento dell’input di capitale (+1,5%) superiore a quello del valore aggiunto (+0,5%).
Anche in questo caso l’ISTAT fa una distinzione tra il periodo compreso tra il 2003 e il 2013, durante il quale la produttività del capitale è diminuita in media d’anno dell’1,1%, e il biennio 2014-2015, durante il quale – complice una “significativa contrazione” dell’input di capitale (-1,3% e -1,0%) e un contemporaneo aumento del valore aggiunto (+0,2% e +0,9%) – la produttività del capitale è cresciuta in entrambi gli anni (+1,5 e +1,9%).
Infine la produttività totale dei fattori, calcolata come il rapporto tra l’indice di volume del valore aggiunto e l’indice di volume dei fattori primari (lavoro e capitale). Tra il 1995 e il 2015 la produttività totale dei fattori ha subìto una contrazione media annua dello 0,1%, dovuta a un incremento medio dello 0,5% del valore aggiunto e dello 0,6% dell’impiego complessivo di capitale e lavoro.
In particolare, la produttività totale dei fattori è cresciuta tanto nella fase recessiva (+0,8% medio annuo nel periodo 2009-2013) quanto nel biennio 2014-2015 (+0,7% e +0,4%). L’ISTAT osserva che, oltre a rappresentare un’inversione di tendenza rispetto ai periodi precedenti, questo andamento è riconducibile ad un miglioramento di efficienza dei processi produttivi.

 

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