Usa 2016. Il quadro economico che erediterà Trump
A breve, il 20 gennaio, Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca, andando a sostituire dopo due mandati Barack Obama. Ma che America troverà il tycoon newyorkese quando si metterà ufficialmente alla guida del paese? Si sa, negli Stati Uniti non mancano le contraddizioni: ai molti punti di forza corrispondono non poche criticità ed è così anche dal punto di vista economico (il mercato del lavoro ne è un esempio: basso tasso di disoccupazione ma anche una bassa partecipazione). Tutto sommato, però, il presidente uscente lascia in eredità un quadro economico piuttosto solido e gli ultimi dati diffusi dal Dipartimento del Commercio ne sono una dimostrazione.
Nel terzo trimestre del 2016, infatti, l’economia statunitense ha registrato il miglior risultato degli ultimi due anni, mettendo a segno una crescita più ampia di quanto stimato in precedenza e accelerando notevolmente rispetto al trimestre precedente (ammesso che i dati vengano confermati nella revisione finale che verrà diffusa a dicembre). Durante la campagna elettorale, l’ormai prossimo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, ha spesso sottolineato la debolezza dell’economia statunitense. I dati degli ultimi anni mostrano però un’evidente ripresa rispetto al declino osservato subito dopo lo scoppio della crisi dei mutui subprime. Persistono alcune lacune – soprattutto in specifiche aree un tempo zoccolo duro dell’economia Usa –, ma, nonostante una crescita quest’anno più lenta, i numeri restano positivi.
In particolare il dipartimento del Commercio americano indica una crescita del Pil del 3,2% nel periodo considerato (+1,6% su base annua), contro il 2,9% avanzato nel dato preliminare e il 3% previsto dagli analisti. Nel secondo trimestre del 2016 il Pil statunitense era stato interessato da un +1,4% congiunturale e da un lieve +0,8% nei primi tre mesi. Per l’intero anno le stime avanzate dalla Federal Reserve indicano un +1,8%.
Un contributo positivo alla crescita economica statunitense è stato fornito dalle esportazioni nette e dalla spesa per consumi delle famiglie americane, mentre hanno registrato un nuovo calo gli investimenti residenziali, proseguendo il trend innescato nel 2015. Salgono invece dello 0,1% gli investimenti fissi non residenziali.
A contribuire positivamente alla crescita della spesa per consumi – che riporta nel periodo considerato un +2,8% contro il +2,1% indicato dalle stime preliminari (a fronte, però del +4,3% del trimestre precedente) – sono stati, in larga parte, la crescita delle retribuzioni e il buon andamento del mercato del lavoro, che (come abbiamo anticipato) presenta però qualche ombra.
Gli ultimi dati, relativi a giugno 2016, sebbene non segnalino un’accelerazione nella creazione di posti di lavoro rispetto allo scorso anno, indicano comunque un nuovo calo del tasso di disoccupazione, che si porta al 4,9% contro il 5,3% registrato nello stesso periodo del 2015. Un trend positivo innescato ormai dal 2012 (solo dal 2014, però, si registrò l’accelerazione che ha riportato il tasso di disoccupazione ai livelli odierni), ma che deve fare i conti con un indicatore – quello relativo alla partecipazione al mercato del lavoro – che si presenta a livelli più bassi rispetto al passato, toccando i minimi da 40 anni. Oggi si attesta al 62,8%.
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