Sopravvivere alle campagne elettorali
Votare ci stressa? O, per meglio dire, campagne elettorali particolarmente tirate ci conducono alle urne più stressati? In occasione delle presidenziali statunitensi, l’American Psychological Association ha sondato gli umori dei cittadini: il 52% degli intervistati ha ammesso di provare ansia o stress circa la scelta del nuovo inquilino della Casa Bianca, una sensazione provata dagli elettori sia repubblicani (il 59% dei casi) che democratici (55%). Ma quali dinamiche possono far emergere questi stati emotivi in prossimità del voto? “Diversi fattori possono far sentire le persone stressate dalla campagna elettorale”, conferma Nicoletta Cavazza, professoressa di Psicologia sociale all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
“Il periodo che precede il voto – spiega a T-Mag – è quello in cui l’attenzione dell’opinione pubblica è più rivolta all’ambito politico e anche le persone solitamente disinteressate dedicano un po’ di attenzione a questioni per loro non molto attraenti”. Ciò si traduce in un accumulo di informazioni e stati d’animo, che a loro volta derivano dagli impulsi che riceviamo: “La maggiore attenzione porta ad un aumento della probabilità di essere esposti anche ad opinioni opposte alle proprie, cosa che di solito evitiamo. Il confronto con opinione opposte, magari argomentate anche con quelle che sembrano buone ragioni, attiva infatti emozioni negative. Per questa ragione leggiamo un determinato giornale, guardiamo una certa trasmissione e non quelle che percepiamo come molto lontane dal nostro modo di vedere e frequentiamo amici che per lo più la pensano come noi. Questa strategia ci conferma la validità delle nostre opinioni e ci gratifica. Ma durante la campagna elettorale, quando per esempio assistiamo ad un dibattito o a un confronto fra esponenti di diversi partiti, siamo inevitabilmente esposti anche alle ragioni avverse e questo ci può porre di fronte a dilemmi non facilmente risolvibili”.
«L’ILLUSIONE DEL VOTANTE»
Cavazza, autrice di diversi volumi sulla psicologia sociale, osserva che un altro fattore di stress deriva da quello che due psicologi cognitivi, Quattrone e Tversky, hanno chiamato «l’illusione del votante»: “Ciascuno di noi si sente in parte responsabile dell’esito perché ci illudiamo che la nostra scelta sarà anche quella di altri, come ne fosse la causa, ad esempio: se io non vado a votare anche altri non lo faranno. Quindi finiamo per sovrastimare il peso del nostro voto”. E il rischio di disturbi ansiogeni non si esaurisce certo qui: “Per scongiurare l’astensionismo, nei dibattiti di campagna elettorale i protagonisti enfatizzano le conseguenze negative della vittoria del fronte opposto e spesso trasmettono l’impressione che ci sia un testa a testa anche quando sono in svantaggio. Se i cittadini pensassero che una delle parti ha già la vittoria in tasca, l’astensionismo rischierebbe di essere molto elevato. I fattori che ho appena descritto sono tutti facilmente ritrovabili nell’attuale campagna referendaria. In primis l’appello alla paura delle conseguenze, una strategia abusata in questo periodo, ma anche gli altri: la percezione del testa a testa, la pervasività della campagna…”.
COME CI COMPORTIAMO (TALVOLTA)
Subito dopo l’elezione – inaspettata in larga parte – di Donald Trump, negli Stati Uniti, ma anche qui da noi, si è molto discusso dei sondaggi che non sono riusciti a immortalare correttamente il sentimento e di come i giornali abbiano perso la cognizione dell’ambiente circostante. Si è parlato a tale proposito di “post-verità”, per indicare il primato delle emozioni sui fatti. Quali processi spingono talvolta i cittadini ad alterare le risposte se interpellati sulle intenzioni di voto? “Innanzitutto – obietta la docente all’Università di Modena e Reggio Emilia – i sondaggi non sono fatti per prevedere. Sono fotografie necessariamente statiche di un clima di opinione in un momento dato. L’elezione è un’altra cosa. Ci sono elezioni dove alcune opzioni sono socialmente meno valorizzate perché magari associate a categorie poco valorizzate – le persone poco colte, le persone di provincia, eccetera… È il caso del voto per Trump, o per la Brexit. In questo tipo di elezioni le persone che vogliono votare per quelle opzioni tendono a non dirlo per una sorta di vergogna o di rifiuto di identificarsi con categorie sociali svalutate. Inoltre l’indebolimento delle identificazioni ideologiche ha reso il voto molto volatile e più soggetto alle influenze di campagna soprattutto degli ultimi giorni”.
ALCUNI CONSIGLI PRATICI PER TENERSI AL RIPARO DALL’ANSIA PRE-VOTO
Considerati tutti i fattori che possono provocare reazioni insolite o ansia, di quali strumenti i cittadini possono disporre per tenersi al riparo da una fase particolarmente “calda” del dibattito politico? “Un modo per controllare l’ansia da incertezza – suggerisce la professoressa Nicoletta Cavazza – è quello di informarsi bene, attraverso una selezione di fonti a cui diamo fiducia. Scegliere un numero limitato di criteri di decisione, per esempio posso decidere di confrontare le opzioni sul criterio delle proposte in tema di ambiente oppure di riduzione della disoccupazione… Poi discuterne con le persone di cui ci si fida. Il sostegno che viene dal confronto con la propria rete sociale è fondamentale per ridurre la complessità della decisione e per sentirsi sicuri una volta formulato un orientamento”. E infine, conclude: “Prendere delle pause dall’informazione e dai dibattiti”.
[…] cose andarono davvero così? Indagammo sul tema, coinvolgendo due professori di psicologia sociale (Nicoletta Cavazza dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Lorenzo Montali […]