La differenza dei redditi in Italia e nell’Ue
In Italia il 20% della popolazione più povero possiede poco meno dell’8% del reddito totale. Nello specifico si stima che il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale mentre il 20% più povero appena il 7,7% (includendo gli affitti figurativi, ovvero la componente non monetaria del reddito delle famiglie che vivono in case di loro proprietà, in usufrutto, in uso gratuito o in affitto agevolato; in altre parole considerando i vantaggi economici che deriverebbero da tale situazione).
Il quadro emerge dal report dell’Istat sulle condizioni di vita e reddito, in riferimento all’anno 2015. Dal 2009 al 2014, si osserva ancora, il reddito in termini reali cala in quota maggiore per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando in questo modo la distanza dalle famiglie più ricche. In generale la situazione è ancora molto critica, anche a livello individuale, soprattutto in alcune aree del paese. Nel Mezzogiorno, ad esempio, dove un residente su due è a rischio di povertà o esclusione sociale.
Come spiega l’Istat, “una delle misure principali utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di Gini”. In Italia tale indicatore (nel 2014) assume, pur restando stabile rispetto all’anno precedente, un valore pari a 0,324, attestandosi sopra la media europea, che è di 0,310. Nella graduatoria Ue, il nostro paese – che registra anche in questo caso valori più alti nel Sud e nelle Isole che al Centro o al Nord – occupa la sedicesima posizione, alla stregua del Regno Unito. Distribuzioni del reddito più diseguali rispetto all’Italia si rilevano, invece, in altri paesi dell’area mediterranea quali Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346) mentre paesi quali Germania, Francia e Austria si collocano al di sotto della media.
Per quanto riguarda il rischio di povertà o esclusione sociale, a livello europeo l’indicatore sintetico è diminuito lo scorso anno dal 24,4% al 23,7%. Rispetto al 2014 risulta in crescita per Lituania, Cipro, Bulgaria, Paesi Bassi. Il valore italiano – al 28,3% – si mantiene su livelli più bassi di Bulgaria (41,3%), Romania (37,3%), Grecia (35,7%), Lettonia (30,9%), Lituania (29,3%), Croazia (29,1%) e Cipro (28,9%), ma è superiore rispetto a Francia (17,7%), Germania (20%) e Gran Bretagna (23,5%). In linea, infine, con quello della Spagna (28,6%).
LE FAMIGLIE PIÙ A RISCHIO
In Italia, a fronte di una sostanziale stabilità rilevata tra il 2014 e il 2015 della quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, si rilevano segnali di peggioramento tra chi vive in famiglie con almeno cinque componenti (la stima passa dal 40,2% al 43,7%) e, in particolare, tra chi vive in coppia con almeno tre figli. Nel 2014, aggiunge a tale proposito l’Istat, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito disponibile netto pari in media a 29.472 euro, circa 2.456 euro al mese. “Tuttavia – spiega l’istituto nazionale di statistica –, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha conseguito un reddito inferiore all’importo medio”. Se si calcola il valore mediano, ovvero il livello di reddito che separa il numero di famiglie in due metà uguali, risulta che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito non superiore a 24.190 euro (2.016 euro al mese), valore sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (quando metà delle famiglie ha percepito un reddito non superiore a 24.310 euro). Il reddito mediano delle coppie con tre o più figli è pari a 30.806 euro, più basso di quello osservato sia per le coppie con un solo figlio (35.525 euro), sia per quelle con due (35.525 euro). Il risultato si associa alla maggiore presenza di famiglie con almeno tre figli nelle regioni meridionali, dove i redditi sono mediamente più bassi.
LE TIPOLOGIE DI REDDITO
L’andamento delle principali tipologie di reddito ha evidenziato una forte contrazione per i redditi da lavoro autonomo, che in media hanno subito una diminuzione di circa il 28% in termini reali a partire dal 2009, a fronte di una riduzione dell’8% e del 7% rispettivamente dei redditi da lavoro dipendente e dei redditi da pensioni e trasferimenti pubblici; i redditi da capitale sono infine diminuiti di circa il 4%. Nel 2014, per la prima volta dopo sette anni consecutivi di riduzione in termini reali, i redditi familiari da lavoro dipendente salgono di circa il 2% rispetto al 2013, grazie all’aumento del numero di percettori seppure i redditi medi per percettore sono rimasti invariati. I redditi familiari da lavoro autonomo subiscono, invece, una contrazione ulteriore di quasi il 5% sia per il calo del numero di percettori e del reddito medio per percettore in termini reali. I redditi da pensioni e trasferimenti pubblici e quelli da capitale risultano invece invariati.
(fonte: Istat)