I posti di lavoro legati alle esportazioni italiane extra-Ue
Le stime fanno ben sperare. Il SACE sostiene che le esportazioni italiane dovrebbero continuare a crescere nel prossimo triennio. Una notizia positiva, specie se si considera che in Italia una parte consistente dei posti di lavoro è generata proprio dall’export.
I dati della Commissione europea rivelano che nel nostro Paese oltre 2,7 milioni di posti di lavoro sono legati alle esportazioni italiane al di fuori dell’Unione europea. Ma non è tutto. Tanti gli italiani – 402mila, stando alle stime di Bruxelles – che hanno un impiego legato alle esportazioni da altri Stati membri dell’UE verso Paesi extra-comunitari e molti altri (367mila) sono i posti di lavoro generati nel resto dell’UE dall’export italiano al di fuori dell’Unione europea.
La Commissione europea osserva che la maggior parte degli italiani con un lavoro legato al settore dell’export è in possesso di competenze medio-basse (rispettivamente il 40% e il 47%) e solo una piccola porzione ha qualifiche professionali alte: sono il 13% di tutti i lavoratori legati alle esportazioni. I servizi e la manifattura sono i comparti che impiegano il maggior numero di occupati, rispettivamente il 49% e il 47%.
Quello offerto dall’export italiano sul fronte occupazionale è un contributo importante anche grazie al numero crescente di imprese esportatrici. L’ultimo rapporto dell’ICE – l’Agenzia per la promozione dall’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane – rivela che nel 2015 è proseguita la tendenza, in corso sin dal 2010, all’aumento del numero degli esportatori italiani, che ha raggiunto le 214.113 unità, oltre mille in più rispetto all’anno precedente. A crescere sono state anche le esportazioni, ovviamente. Un incremento avvenuto nonostante un quadro macro-economico particolarmente incerto (tensioni geo-politiche, performance non esaltanti dei Paesi emergenti…) e che, secondo le stime del SACE, dovrebbe rallentare quest’anno – nel 2016 l’export italiano dovrebbe aumentare del 3,2% contro il 3,8% del 2015 –, per poi rafforzarsi nel prossimo triennio fino a raggiungere i 480 miliardi di euro nel 2019 (contro i 414 miliardi dello scorso anno).