L’economia cresce, ma a ritmo lento
Questo è il periodo dei primi bilanci e l’ufficio studi dell’ABI (Associazione bancaria italiana) osserva nel consueto rapporto di previsione Afo – per il periodo 2016-2018 – uno scenario di crescita a livelli contenuti. Un ritmo ancora lento, quantificabile in un aumento del Pil dello 0,9% quest’anno e nel 2017, per poi salire a +1,2% nel 2018.
In pratica quello che fa il rapporto è confermare l’uscita della nostra economia dalla recessione degli scorsi anni, in cui sono stati bruciati posti di lavoro, con un rallentamento prolungato della domanda interna (consumi e investimenti). La ripresa, tuttavia, presenta un ritmo di crescita lento,
coerente – precisa il rapporto ABI – con il quadro ciclico internazionale.
In particolare la crescita sarà trainata dalla domanda interna, ora in recupero, con la componente estera che “fornirà un contributo marginalmente negativo”. Si prevedono, perciò, dinamiche positive per i consumi delle famiglie (in crescita ad un tasso medio dell’1,2% nei tre anni di previsione) e per gli investimenti (+1,8% il dato medio nel triennio).
Alla luce di tale andamento ci si attende allo stesso tempo una crescita dell’occupazione e una contestuale riduzione (di 1,2 punti percentuali, si stima) del tasso di disoccupazione. La crescita dei prezzi rimarrà invece ancora molto contenuta, superando il livello dell’1% solo nel 2018.
Il mercato del lavoro, tuttavia, resta uno dei principali nodi da sciogliere. I miglioramenti sono tutto sommato evidenti, legati alla crescita del Pil. Nella nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione – a cura di Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Inail – si ricorda che nel terzo trimestre del 2016 il Pil ha segnato un aumento congiunturale dello 0,3% e un tasso di crescita tendenziale dell’1% mentre l’input di lavoro misurato in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno), che però risulta stabile a livello congiunturale, registra una crescita tendenziale dello 0,9%, “allineata a quella del Pil”.
È vero anche, però, che il tasso di occupazione, al 57,3% negli ultimi due trimestri, è sì in recupero di quasi due punti percentuali rispetto al momento di minimo (terzo trimestre 2013, al 55,4%), ma è ancora distante di un punto e mezzo dal momento di massimo (che venne raggiunto nel secondo trimestre 2008, al 58,8%).
In aggiunta c’è anche da osservare che i giovani tra i 15 e i 34 anni sono coloro che continuano a incontrare le maggiori difficoltà. Per loro, infatti, i livelli occupazionali sono scesi nel periodo di riferimento se consideriamo sia il calo congiunturale degli occupati (-1,1%) sia quello su base tendenziale (-0,6%). Confermandosi, così, la fascia di età più fragile.