Lavoro: l’Italia non brilla in Europa
Gli anni della crisi economica hanno condizionato non poco l’andamento del mercato del lavoro italiano, che seppure in ripresa – in generale negli ultimi due anni è tornato a crescere il numero degli occupati – mostra indici parecchio al di sotto della media europea come si può osservare nell’edizione 2017 del rapporto Noi Italia dell’Istat.
Nel 2016 – si legge nella nota dell’Istituto nazionale di statistica – risultano occupate oltre 6 persone di 20-64 anni su 10 (61,6%), un dato che è in miglioramento dal 60,5% dell’anno prima, ma che ci colloca agli ultimi posti nell’UE.
Se Svezia e Germania – con un tasso di occupazione rispettivamente all’80,5 e al 78% (dati relativi al 2015) – sembrano irraggiungibili, c’è da considerare che la media UE dell’occupazione 20-64 anni si attesta al 70%, quasi dieci punti percentuali sopra al valore italiano. Italia che, per tasso di occupazione, sta meglio della Grecia (54,9%), ma al pari della Croazia (60,5%) e sotto Spagna (62%), Romania (66%), Bulgaria (67,1%) e Belgio (67,2%). In Francia (69,5%) il tasso di occupazione si colloca poco al di sotto della media UE, ma il differenziale con l’Italia è di nove punti percentuali.
Tale condizione interessa più le donne degli uomini. Il tasso di occupazione femminile scende anche a livello europeo, portandosi al 64,2%, ma in Italia il livello si colloca al 50,6% (-13,6 punti), appena sotto Malta (53,6%). Se escludiamo la Grecia (46%), il nostro è il peggior risultato in Europa. Svezia (78,3%) e Germania (73,6%) mantengono le prime posizioni anche su questo fronte.
Per la componente maschile le cose vanno meglio, ma il divario con l’UE resta evidente. Il tasso di occupazione maschile UE28 è – nel 2015 – al 75,8%, quello italiano al 70,6%. Stavolta meglio di Bulgaria, Spagna, Croazia e Grecia, ma molti al di sotto di Svezia, Paesi Bassi, Germania e Regno Unito, che presentano valori al di sopra dell’80%.
Ad ogni modo il nostro mercato del lavoro è fortemente caratterizzato da uno squilibrio tra occupati maschi e occupate femmine, a sfavore di quest’ultime. Le differenze di genere sono, infatti, ancora evidenti nel 2016: gli uomini occupati sono il 71,7%, le donne occupate il 51,6%.