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Le imprese femminili nate durante la crisi economica

Sono diverse e molte di loro sono attive in settori tradizionalmente caratterizzati da un'alta presenza maschile
di Redazione

A volte l’auto-imprenditorialità è diventata una soluzione alle difficoltà occupazionali, a patto (naturalmente) di avere le possibilità per far nascere un’impresa. Ciò vale per i giovani e per le donne, in particolare.

Tante sono le imprese rosa create durante la crisi economica e che sono andate a sommarsi a quelle già presenti sul mercato, la maggior parte delle quali è attiva nel Mezzogiorno, dove il tasso di occupazione femminile è decisamente più basso rispetto ad altre aree del Paese: attualmente le imprese femminili registrate in Italia sono 1.316.017 (dati Unioncamere-Infocamere, aggiornati al 31 marzo 2017).
Quattro imprese femminili su 10 sono state create dal 2010 ad oggi – tra gli uomini si registra un dato diverso: solo tre su 10 hanno meno di sette anni –, a dimostrazione che la crisi economica non ha inciso sull’intraprendenza delle donne. Il dinamismo dell’imprenditoria femminile non è l’unica cosa di cui prender nota, però.
Unioncamere osserva che alcuni settori in cui la presenza è sempre stata piuttosto notevole non sembrano avere più lo stesso appeal. L’analisi cita il caso dell’agricoltura, dove si concentra il 16,3% delle imprese femminili: soltanto l’11% delle imprese rosa nate dopo il 2010 ne fa parte.
Allo stesso tempo, la presenza femminile è cresciuta in modo significativo nei settori tradizionalmente maschili: le nuove imprenditrici hanno scelto così di cimentarsi nelle attività finanziarie e assicurative – oltre 13mila imprese femminili nate dopo il 2010 ne fanno parte –, attività professionali, scientifiche e tecniche (oltre 18 realtà imprenditoriali) e nei servizi di informazione e comunicazione (poco meno di 11mila).
Eppure, nonostante i dati che mostrano una tendenza positiva, non mancano le zone d’ombra. Se in termini di attività le imprese femminili sono quelle che crescono di più, rispetto a quelle maschili hanno però un’esistenza più breve: nel 2016 – rileva Confesercenti – il ciclo di vita medio di un’impresa guidata da una donna (12,9 anni) è stato infatti di quasi due anni più corto rispetto alla media generale (14,7 anni).

 

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