Il rischio idrogeologico in Italia
Al di là delle accuse che Comune e Regione Toscana si scambiano reciprocamente sull’entità dell’allerta maltempo, quanto accaduto a Livorno nella notte tra sabato e domenica (città allagata, sette morti e – al momento – un disperso) spiega molto del nostro paese. Al netto, ovviamente, di qualsiasi espediente letterario, seppur condivisibile a larghi tratti, relativo ai cambiamenti climatici o alla natura che si ribella all’uomo. Quanto accaduto a Livorno spiega una volta di più quanto il nostro paese sia poco propenso alla prevenzione e impreparato dinanzi alle emergenze.
Vero: una tale quantità di acqua è forse difficile da prevedere (anche a Roma ne sanno qualcosa, visti i danni e i gravi disagi alla viabilità avvenuti nella giornata di domenica), ma certo è che, prafrasando il presidente dell’Ordine dei geologi della Toscana, Riccardo Martelli, “una quantità simile di acqua non la gestisci in un ambiente urbano”, dunque “ogni sforzo che vada nella direzione di una corretta pianificazione territoriale è fondamentale per gestire gli effetti di questi eventi”.
LE ALLUVIONI
Innanzitutto, le basi. Che cosa è un’alluvione? È l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) a venirci incontro: un’alluvione è l’allagamento temporaneo di aree che abitualmente non sono coperte d’acqua. L’inondazione di tali aree può essere provocata da fiumi, torrenti, canali, laghi e, per le zone costiere, dal mare. “L’ISPRA – si legge sul sito dell’Istituto – nel 2015 ha realizzato la mosaicatura delle aree a pericolosità idraulica perimetrate dalle Autorità di Bacino, Regioni e Province Autonome ai sensi del D. Lgs. 49/2010. La mosaicatura è stata effettuata per i tre scenari di pericolosità: elevata P3 con tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (alluvioni frequenti), media P2 con tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (alluvioni poco frequenti) e bassa P1 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi)”. Le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia sono pari a 12.218 km2 (4% del territorio nazionale), le aree a pericolosità media ammontano a 24.411 km2 (8,1%), quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.150 km2 (10,6%).
IL RISCHIO IDROGEOLOGOCO IN ITALIA
Eppure i dati, che aiuterebbero a comprendere meglio la portata della pericolosità, ci sono. Stando al Rapporto ISPRA Dissesto Idrogeologico in Italia (periodo di riferimento il 2015), sono sette le regioni con il 100% dei comuni a rischio idrogeologico: Valle D’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. Poi Calabria, Provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia presentano una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%. In generale supera i sette milioni il numero degli abitanti residenti in aree a rischio frane e alluvioni (12% del totale), dei quali oltre un milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (P3 e P4), mappate nei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e quasi sei milioni vivono in zone alluvionabili classificate a pericolosità idraulica media P2 con un tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (perimetrate nell’ambito della Direttiva Alluvioni).
LIVORNO E ROMA
La procura di Livorno ha aperto un’inchiesta per disastro colposo. È possibile tuttavia quantificare il “pericolo” nella città toscana? Per quanto riguarda il rischio da alluvione (osservando il quadro informativo integrato sui rischi naturali in Italia, indicatori e cartografia disponibili sul sito dell’Istat) si scopre che i residenti a rischio sono (nel comune) 151.536 in aree a pericolosità idraulica “bassa”, 6.686 a pericolosità “media”, 1.386 a pericolosità “elevata”. E in una città come Roma? I disagi di domenica sono dipesi anche dall’impianto fognario forse non in grado di sostenere fenomeni precipitosi di queste proporzioni. Ma anche la Capitale presenta zone ad alto rischio idrogeologico, che interesserebbero 21.102 residenti. Dove la pericolosità è “media” i residenti ammontano a 65.303, dove è “bassa” a 204.713.