Catalogna: quando il calcio è separatista
L’F.C. Barcellona ha sempre rappresentato qualcosa di importante per i catalani. Non solo per i successi. Spesso il club ha difeso le ragioni e sostenuto le ambizioni locali. Come ha fatto anche in occasione dell’ultimo referendum sull’indipendenza della Catalogna, dichiarato illegale dal Madrid e dal Tribunale Costituzionale spagnolo.
“Noi catalani ci siamo guadagnati il diritto ad essere ascoltati”, ha detto il presidente del club, Josep Maria Bartomeu. “Nella nostra condizione di club globale continueremo spiegando al mondo quel che sta succedendo in Catalogna come abbiamo fatto in 118 anni di storia”, ha concluso. Il 3 ottobre il Barcellona ha partecipato così allo sciopero generale proclamato dai sindacati e dai movimenti indipendentisti.
Un’eventuale indipendenza della Catalogna è una cosa che riguarda da vicino il Barcellona: una separazione dalla Spagna potrebbe avere ripercussioni anche per le realtà sportive catalane. Ad esempio, quale potrebbe essere il futuro delle tre squadre di calcio catalane – l’elenco comprende Barcellona, Espanyol e Girona – che militano nella Liga, la prima divisione spagnola? Il presidente della federazione ha chiarito ogni dubbio, spiegando che, “se il processo dovesse avanzare, i club catalani non potranno più giocare nel campionato spagnolo e il Barcellona cesserebbe di essere un grande club europeo”.
Barcellona, Espanyol e Girona potrebbero cercare fortuna altrove, magari emigrando in uno dei maggiori campionati europei. Il regolamento della UEFA – l’organizzazione che governa il calcio europeo – non impedirebbe ai tre club catalani di iscriversi in un altro torneo organizzato da una federazione a cui non appartengono. In giro per l’Europa, non mancano gli esempi: il Monaco, squadra del Principato, gioca nel campionato francese, o anche il Cardiff e lo Swansea, che fanno parte del Galles, disputano le partite di Premier League, la prima divisione inglese.
Una Liga orfana del Barcellona sarebbe un campionato (sicuramente) meno competitivo e ricco: senza lo spettacolo offerto da Messi e compagni, molti sponsor potrebbero decidere di abbandonare la Spagna e anche i diritti televisivi potrebbero risentirne negativamente. Il sito Calcio e Finanza sottolinea che il fatturato del campionato spagnolo (2,8 miliardi di euro) è in buona parte generato da due soli club (Barça e Real Madrid) che da soli valgono il 43% (1,2 miliardi di euro).
In caso di indipendenza – uno scenario auspicato dalla maggioranza degli elettori che hanno partecipato al referendum –, la Catalogna potrebbe dotarsi di una nazionale di calcio. La materia prima non mancherebbe di certo: tanti sono i giocatori che potrebbero rappresentarla a livello internazionale, senza sfigurare di fronte alle nazionali più forti del mondo.
Oltre ai calciatori attualmente in forza al Barcellona (Gerard Piqué, Jordi Alba, Sergio Busquets, Gerard Deulofeu), ce ne sono alcuni che giocano in club blasonati come il Real Madrid (è il caso del portiere Kiko Casilla), Arsenal (Hector Bellerín), Borussia Dortmund (Bartra), Chelsea (Cesc Fàbregas), Olympique Lyon (Mariano Díaz) e Monaco (Keita Baldé Diao).
In panchina, nelle vesti di commissario tecnico, potrebbe accomodarsi uno che di coppe e titoli ne ha vinti parecchi sia da calciatore che da allenatore: Josep Guardiola.
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