In aumento il rischio povertà e le disuguaglianze economiche
L’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, relativa al 2016, stima in rialzo la quota degli italiani residenti a rischio povertà, attestata al 23%, il massimo storico dal 1989. L’incidenza delle famiglie a rischio povertà, ovvero quelle che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano, è risultata in aumento per tutte le fasce d’età, meno che per i pensionati, l’unica categoria che registra una diminuzione di individui a rischio di oltre 2 punti percentuali dal 2006 al 2016.
In particolar modo, con una soglia convenzionalmente utilizzata per individuare il rischio povertà di 830 euro mensili, l’incidenza maggiore riguarda i nuclei con capofamiglia giovani, dal 22,6% al 29,7%, per chi vive al Nord e per gli immigrati per cui la condizione è aumentata dal 33,9 al 55%.
L’indagine sottolinea inoltre che il reddito equivalente, quello che meglio individua il benessere individuale, è salito, dopo essere diminuito ininterrottamente dal 2006, del 3,5% rispetto al 2014, ancora inferiore dell’11% rispetto al picco positivo. L’aumento del reddito equivalente è associato alla ripresa della quota di famiglie che dichiarano di essere riuscite a risparmiare parte del loro reddito, passata dal 27 al 33%. Contemporaneamente, però, è cresciuta la quota di famiglie, tra quelle appartenenti al 30% con reddito più basso, che hanno fatto ricorso a risparmi o che si sono indebitate per finanziare la propria spesa.
Si inaspriscono, quindi, le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza tra le famiglie: i dati mostrano che il 30% delle famiglie più povere detiene solo l’1% della ricchezza netta, mentre il 5% più ricco controlla oltre i 40%.