Settimana corta, così migliora la qualità del lavoro?
Come si argomenta ormai da tempo, la correlazione tra ore lavorate e produttività non è direttamente proporzionale. Oltre alle numerose teorie al riguardo, aumentano in questo senso gli esperimenti delle aziende. L’ultimo esempio in ordine di tempo è la sperimentazione condotta in Nuova Zelanda alla Perpetual Guardian, una società che gestisce patrimoni e fondi, che ha offerto ai suoi 240 dipendenti di testare, per sei settimane, la settimana lavorativa di quattro giorni anziché i canonici cinque. L’esperienza della società neozelandese, conclusasi ad aprile, è stata monitorata da un team della Auckland University of Technology ed ha dato i primi risultati secondo cui si è assistito ad un «generale miglioramento dei comportamenti, delle relazioni e dell’ambiente di lavoro».
Avendo meno tempo complessivo a disposizione, i dipendenti della Perpetual sono sembrati più concentrati e hanno lavorato in modo più intelligente, eliminando le lunghe pause e passando meno tempo sul web per cose che non riguardavano il lavoro. In questo modo i dipendenti sono stati sottoposti ad una pressione maggiore -anche solo percepita -, ma almeno sul breve periodo questa non è sembrata essere fonte di stress, anzi di incoraggiamento. La società, infatti, sostiene che i livelli produttivi si siano mantenuti uguali rispetto a quelli registrati nelle settimane con cinque giorni lavorativi. Dalla sperimentazione è emerso che gli indicatori che riguardavano l’impegno, lo stimolo e lo spirito di leadership sono tutti aumentati del 18-20%, mentre il livello di stress è diminuito del 7%. A migliorare però non sono state solamente le percentuali riguardanti il lavoro, ma anche la percezione del rapporto vita-lavoro: secondo un sondaggio del 2017 condotto dall’azienda, solo il 54% degli impiegati si riteneva soddisfatto del proprio equilibrio tra vita lavorativa e personale, percentuale che dopo la settimana di quattro giorni è salita al 78%.
Migliorare la qualità del lavoro è un passo fondamentale per la vita non solo lavorativa di un occupato, anche se l’obiettivo non è perseguibile in tutti i mercati, allo stesso modo e con le stesse modalità. In una situazione come quella italiana, la riduzione dell’orario di lavoro non è sempre una possibilità data al dipendente, ma può diventare una scelta “illuminata” del datore, come nel caso di una cooperativa di Imola, che invece del licenziamento, decide di ridurre le ore in misura maggiore rispetto al taglio commisurato che lo stipendio avrebbe dovuto subire.