Le PMI a vocazione internazionale trainano la ripresa (che però si è fermata)
Le PMI italiane hanno superato la crisi e recuperato livelli di redditività elevati, continuando a rafforzare gli indici che sintetizzano la sostenibilità dei loro debiti finanziari, oggi ben più equilibrati rispetto a un decennio fa. Purtroppo la crescita sembra ora essersi fermata. Questo, in sintesi, lo stato dell’arte secondo l’ultimo Rapporto Cerved PMI 2018.
Grazie alle nuove aperture e al calo delle chiusure, spiega il Cerved, si è arginata l’emorragia che aveva decimato il sistema imprenditoriale, composto da oltre 150.000 piccole e medie imprese, più che nel 2007 (nello specifico si è passati dalle 150 mila del 2007 alle 136 mila del 2014, -10%). Il numero è tornato a risalire nel 2016 (+8 mila unità, +5,8% sul 2015) e nel 2017 (+3 mila, +2,9%), attestandosi a 152 mila unità e superando così i livelli pre-crisi. A guidare la ripresa sono state le PMI con maggiore vocazione internazionale,che tra il 2010 e il 2017 hanno fatto registrare una crescita del valore aggiunto di 22 punti percentuali (17 in più rispetto alle società chiuse ai mercati esteri) e migliori performance quanto a produttività, capacità di generare cassa e redditività.
L’analisi del Cerved comprende 148.531 società di capitale non finanziarie con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 250 e un fatturato che va dai due ai 50 milioni di euro: 123.495 sono piccole imprese e 25.036 sono medie, occupano oltre quattro milioni di addetti e rappresentano il 24% delle aziende che hanno depositato un bilancio valido. Hanno prodotto un giro d’affari di 886 miliardi di euro, un valore aggiunto di 212 (il 12,6% del Pil) e contratto debiti finanziari per 223 miliardi. Rispetto a tutte le società non finanziarie, pesano per il 38% in termini di fatturato e per il 40% in quelli di valore aggiunto.
Il miglioramento dei conti economici delle PMI, che dura dal 2012, ha subito un’accelerazione nel 2017: i ricavi sono aumentati a tassi più che doppi rispetto all’anno precedente (+5,3%), con risultati particolarmente brillanti per chi opera nei settori industriali (+5,7%). Il valore aggiunto è cresciuto del 4,5%, il cashflow ha superato i livelli pre-crisi e si è innalzata la redditività operativa (ROA) al 4,9%, un indice di sette decimi maggiore rispetto a quello delle grandi imprese. Nel 2017 le PMI hanno continuato a beneficiare della politica monetaria espansiva della BCE, con minori costi per il servizio del debito: il rapporto tra oneri e debiti finanziari è sceso per il terzo anno consecutivo (dal 3,9 al 3,5%) e ciò ha contribuito ad aumentare la redditività netta (ROE) passata dal 10,9% del 2016 all’11,2% del 2017, e addirittura al 13,6% per chi opera nell’industria.
Spiega il Cerved: «Se dunque la redditività delle PMI è ripresa, ciò è dovuto certamente al ritorno alla crescita dell’economia italiana, ma anche al dividendo dei programmi di quantitative easing messi in campo dalla BCE e alla prolungata fase di bassi tassi di interesse: rispetto al 2012, quando i tassi avevano risentito dell’impennata degli spread dei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi, le imprese italiane pagano 5,1 miliardi in meno di oneri finanziari (-41%), che incidono per 2,3 punti in termini di ROE. La metà di questo beneficio (1,1 punti) si deve al minor costo del denaro, il resto alla riduzione dei debiti finanziari nei bilanci delle PMI».
Secondo il Rapporto durante la prima metà del 2018 si è osservato un trend che pare suggerire che la ripresa delle PMI abbia raggiunto un suo picco positivo nel corso del 2017, per poi rallentare o invertire la tendenza nei mesi successivi. Ad esempio, nei primi sei mesi sono nate poche società di capitali, appena l’1,3% in più contro l’8,2% dell’anno scorso. Di contro, sono aumentate le PMI uscite dal mercato (+2,9% su base annua) a causa della ripresa delle liquidazioni volontarie di imprese in bonis, cioè chiusure determinate dal fatto che i margini attesi sono giudicati dagli imprenditori non adeguati a proseguire l’attività 8sono state 1.374 le PMI che hanno avviato una liquidazione volontaria, +3,1% su base annua). È invece proseguito il calo dei fallimenti, ma a ritmi decisamente meno positivi rispetto a quelli del 2017 (-2,8% contro -19,6%).
(fonte: Cerved)