Cosa aspettarsi dalla Conferenza mondiale sul clima (COP24)
Le Borse festeggiano per l’intesa raggiunta da Donald Trump e Xi Jinping sui dazi al G20 in Argentina, un’intesa che prevede una riduzione dei dazi sulle auto provenienti in Cina dagli Stati Uniti. Ma ora la sfida si sposta su un altro fronte, altrettanto importante da un punto di vista strategico ed economico: la lotta al cambiamento climatico. Questione che interessa, per ragioni e interessi diversi, Pechino e Washington, con quest’ultima particolarmente ostile alle recenti decisioni prese nelle sedi internazionali.
La conferenza mondiale dell’Onu sul clima (COP24), che si è aperta oggi, lunedì 3 dicembre, a Katowice, in Polonia (presenti i rappresentanti di 200 paesi), ha lo scopo di rendere operativo nel 2020 l’accordo di Parigi, intesa da cui l’amministrazione Trump si è già sfilata – i negoziati andranno avanti per circa due settimane. Nelle dichiarazioni conclusive del recente G20 tutti i firmatari dell’accordo di Parigi lo hanno definito «irreversibile». Tutti, tranne uno: gli Stati Uniti d’America. La posizione unitaria degli altri Paesi è quella di rispettare i precedenti impegni presi, pur nel rispetto delle relative differenze. Al riguardo la posizione di Washington è netta, poiché l’amministrazione Trump ritiene sconveniente gli Usa l’intesa di Parigi del 2015 così da ribadire la volontà di ritirarsi, in verità già annunciata lo scorso anno (le delegazioni statunitensi continueranno ad essere presenti negli incontri sul tema nella fase di transizione fino al 2020, quando, appunto, le linee guida di Parigi diventeranno operative).
Le intenzioni dei partecipanti alla Conferenza sono di tutt’altro avviso, in teoria. Secondo l’ultimo rapporto climatico dell’Onu, presentato dall’IPCC – la commissione dell’Organizzazione dedicata ai temi del riscaldamento globale – indica come limite del surriscaldamento globale un aumento di 1,5 gradi, considerato dagli esperti la soglia massima di sicurezza per avere effetti quantomeno gestibili. Gli scienziati dell’IPCC hanno rivedisto la soglia dei due gradi già sottoscritta nell’accordo sul clima di Parigi del 2015. Quest’ultimo, in estrema sintesi, afferma la necessità di contenere l’aumento della temperatura media globale entro i 2 gradi – meglio 1,5 – da qui fino a fine secolo rispetto all’era preindustriale, tentando di prevenire catastrofi naturali. In più raccomanda di produrre l’85% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2050.
Gli Stati Uniti, insomma, proseguono nel percorso intrapreso nonostante le critiche degli alleati e in questo senso andrà anche valutato l’esito della nuova conferenza sul clima. L’ultima versione di Trump è di non credere all’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici, una bocciatura che ha destato sospetti negli Stati Uniti, considerato l’esito di un rapporto redatto da alcuni scienziati di 13 agenzie federali secondo cui proprio gli Usa potrebbero avere un impatto sul clima tutt’altro che indifferente, aggiungendo tre gradi alle temperature medie entro il 2100. Il tema resta dunque delicato e in un’epoca di mutamenti repentini accade che a a cambiare siano anche paradigmi consolidati, quali la decisione del Qatar di abbandonare l’Opec – una scelta da annoverare in un’ottica del tutto politica e che deriva dai rapporti negativi con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto – per concentrarsi sulla produzione di gas. Scelta che in ogni caso può ridisegnare le relazioni internazionali e cambiare in minima parte anche gli scenari in termini di impatto ambientale.
[…] via a Katowice, in Polonia, la COP24, la Conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite. La conferenza ha lo scopo di rendere operativo nel 2020 l’accordo di Parigi e i negoziati […]