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Cala il prezzo del petrolio, quali scenari?

Come cambia il quadro economico tra incertezze, ripristino delle sanzioni all'Iran e la decisione del Qatar di uscire dall'OPEC da gennaio 2019
di Redazione

Dal mese di novembre è iniziato il blocco degli Stati Uniti delle esportazioni di petrolio dell’Iran. Il ripristino delle sanzioni – l’analisi è del Centro Studi di Confindustria – può coinvolgere anche imprese non americane che commerciano con Teheran e hanno rapporti con gli Stati Uniti. Tuttavia ad alcuni paesi, e tra questi figura proprio l’Italia, è stata concessa un’esenzione di sei mesi. Il Centro Studi Confindustria ricorda che la produzione di greggio dell’Iran è già in calo dalla primavera 2018 (3,2 milioni di barili al giorno in ottobre, da 3,8 in aprile). «Ciò potrebbe riflettere – si legge nel focus contenuto nella Congiuntura flash – prudenza delle compagnie internazionali a investire nel Paese, dato che le sanzioni USA sono state annunciate già a maggio. La carenza di capitali esteri e tecnologia penalizza l’efficienza dell’estrazione di petrolio iraniano, rendendo difficile tenere il passo del progresso tecnologico e mantenere alto il flusso produttivo».

Nel frattempo cosa è accaduto? Il prezzo del petrolio ha registrato un ampio calo negli ultimi due mesi. Dal picco di 86 dollari al barile toccato a inizio ottobre, la quotazione del Brent è caduta a 59 dollari a fine novembre, sotto la soglia di riferimento OPEC (60 dollari), rimbalzando poi a 62 in media a inizio dicembre. Diversi fattori stanno agitando il mercato petrolifero quest’anno, ribadisce il Centro Studi Confindustria e la situazione iraniana è tra i primi in questo senso.

L’Iran, infatti, ha un ruolo rilevante nel mercato del petrolio, essendo stato il quarto esportatore mondiale nel 2017. E lo scenario generale, anche se negli ultimi sei mesi Arabia Saudita e Iraq hanno più che compensato il vuoto produttivo lasciato da Teheran, potrebbe di nuovo cambiare. Tra i fornitori dell’Italia, ricorda ancora il CSC, l’Iran occupa il terzo posto, con una quota del 12% nei primi otto mesi del 2018. Le importazioni italiane di greggio, comunque, sono diversificate dal punto di vista geografico: acquistiamo da 23 diversi paesi. Una questione di primaria importanza, semmai, è stabilire quanto velocemente altri paesi fornitori possano subentrare all’Iran nel vendere all’Italia la quota di greggio necessario all’industria e ai consumi energetici delle famiglie.

Un ulteriore passaggio, seppure a impatto decisamente minore, può arrivare dalla decisione del Qatar, che non farà più parte dell’OPEC da gennaio 2019 (con il nuovo anno l’Organizzazione prevede tagli alla produzione per fare fronte alla discesa del prezzo), per contrasti con altri Paesi membri su questioni geopolitiche. «Questa mossa – spiega il CSC – non impatta direttamente sui livelli di produzione, ma è un segnale di indebolimento del Cartello e della sua capacità di guidare il prezzo. Tuttavia, il Qatar ha un’estrazione di greggio di appena 0,6 mbg nel 2018. Ovvero, è uno dei membri minori dell’OPEC, che produce oggi 32,7 mbg di greggio. Molto meno rilevante dell’Iran e anche dell’Iraq e, soprattutto, dell’Arabia Saudita».

(fonte: Centro Studi Confindustria)

 

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