Dissesto idrogeologico, i soliti ritardi dell’Italia
Quando i fondi destinati a Comuni e Regioni restano bloccati, oppure spesi male. Secondo il Censis il 50,7% degli italiani ritiene che bisogna investire nella messa in sicurezza del territorio
di Redazione
L’Italia è stata messa a dure prova dal maltempo nelle ultime ore. Nei giorni scorsi le immagini di Venezia, sommersa dall’acqua, hanno fatto il giro del mondo. Ma non è stato solo il capoluogo veneto a vivere disagi di questo tipo. E nel weekend, appunto, da Nord a Sud il maltempo ha causato esondazioni, smottamenti e allagamenti. Un tratto del viadotto dell’A6, non molto distante da Savona, è crollato a causa di una frana, fortunatamente senza provocare vittime. E ancora: una voragine si è aperta ull’A21 Torino-Piacenza, valanghe in Val d’Aosta, fiumi in piena un po’ ovunque.
Come spesso accade in casi del genere, l’attenzione è tutta rivolta all’incapacità del nostro paese di usufruire dei fondi già a disposizione per mettere in sicurezza strade e infrastrutture o comunque intervenire laddove necessario. Di recente la Corte dei Conti ha ricordato che le decine di miliardi in teoria stanziati negli ultimi anni non sempre sono giunti a destinazione – Comuni e Regioni –, oppure sono stati spesi male. Al solito ciò avviene a causa soprattutto di una burocrazia ingombrante, lento sviluppo dei progetti e rallentamenti di varia natura che impediscono di mettere in sicurezza viadotti, ponti o strade. Che puntualmente si allagano in occasione di piogge incessanti o fenomeni di portata straordinaria o, nei casi più gravi, vengono giù provocando vittime o disagi infiniti. E allo stesso modo, stando all’Agenzia per la Coesione territoriale, il problema si verifica anche quando dall’Unione europea arriverebbero soldi tramite i fondi previsti per le Regioni per fare fronte al dissesto idrogeologico: spendiamo decisamente meno di quanto riceviamo.
Secondo il Rapporto Gli italiani e la ricchezza. Affidarsi al futuro, ripartire dalle infrastrutture, realizzato dal Censis per Aipb (Associazione Italiana Private Banking), per l’89,3% degli italiani, in generale, quelli in infrastrutture sono da considerarsi investimenti strategici. E una quota importante, il 50,7%, ritiene che bisogna investire nella messa in sicurezza del territorio contro frane, inondazioni e terremoti (il 39,3% indica le energie alternative, il 33,2% la ristrutturazione di monumenti, chiese, opere d’arte e siti archeologici, il 22,5% le ferrovie, il 22% i collegamenti stradali e ferroviari tra il Tirreno e l’Adriatico, il 20,8% la connessione internet veloce ovunque e il 20% i trasporti pubblici delle grandi città). «Se in Italia le infrastrutture si annunciano e poi non si portano a termine», si leggeva nella nota del Censis diffusa a ottobre, «per il 57,9% degli italiani ciò dipende dalla corruzione, per il 54,1% da regole eccessive e burocrazia lenta, per il 33,7% da controlli insufficienti sulle imprese che realizzano i lavori, per il 31,7% dalla politica che cambia idea sulle opere da realizzare. Proprio le ragioni che bloccano o rallentano i cantieri dissuadono gli italiani dall’obiettivo di investire i propri soldi negli strumenti di finanziamento delle infrastrutture».