Mancano dieci giorni alle elezioni nel Regno Unito
I conservatori sono ampiamente in vantaggio nei sondaggi in vista del voto del 12 dicembre, ma un eventuale recupero dei laburisti quali scenari aprirebbe?
di Redazione
È un Regno Unito ancora scosso per l’attacco terroristico di venerdì sul London Bridge – oggi la commemorazione delle vittime con il premier Boris Johnson e altri leader politici – quello che si presenta a dieci giorni dal voto del 12 dicembre. I sondaggi continuano a indicare il netto vantaggio dei conservatori, decisi a portare a compimento la Brexit senza troppi indugi e ulteriori rallentamenti. E secondo le informazioni che giungono da Londra, Johnson avrebbe in programma un piano che prevede – in caso di vittoria e a partire dal 2021 – nuove restrizioni per i cittadini europei che desiderano entrare nel paese e visitarlo: un visto turistico della durata di tre mesi, un modello simile all’Esta che permette l’ingresso negli Stati Uniti.
Come dicevamo i sondaggi premiano i Tories molto più dei laburisti e Boris Johnson rimane un leader politico più apprezzato di Jeremy Corbyn (dati YouGov). Ma alcuni elementi interessanti potrebbero emergere negli ultimi giorni di campagna elettorale, a fronte anche di un lieve recupero nelle intenzioni di voto registrato dai laburisti a scapito soprattutto dei LibDem. La campagna dei conservatori – e le indiscrezioni di oggi, lunedì 2 dicembre, su un sistema di controllo degli ingressi, che di fatto equipara i cittadini UE agli extracomunitari, va proprio in questa direzione – è incentrata soprattutto sulla Brexit. Che ad oggi, però, viene percepita – i trend sono registrati sempre da YouGov – come un errore da una quota leggermente superiore rispetto a quanti la ritengono giusta. A conferma, dunque, di come il tema, a quasi quattro anni di distanza dal referendum che sancì la volontà di avviare il processo di uscita dall’Unione europea, sia ancora divisivo.
Non è un caso, allora, che il Labour di Corbyn sia impegnato in una campagna di altro tipo, molto concentrata ad esempio sui dossier economici e argomenti quali la sanità. Anche perché sulla Brexit la posizione laburista è chiara: negoziare un nuovo accordo con Bruxelles e sottoporlo ai cittadini britannici, il che – secondo molti – significa aprire alla possibilità di un referendum bis. Eppure, in generale, secondo YouGov (le tendenze evidenziano un andamento omogeneo da luglio 2019 a novembre 2019) la gran parte dei cittadini – in leggera diminuzione nell’ultimo mese di riferimento – ritiene il partito laburista non ancora pronto per il governo.
Ci sono poche possibilità che il Labour rimonti in maniera significativa nei sondaggi prima dell’appuntamento elettorale. Quello che potrebbe accadere, al massimo, è che un balzo in avanti dei laburisti possa danneggiare i conservatori al punto da scatenare un esito non troppo diverso dall’ultimo, quello che in qualche misura “condannò” l’ex premier Theresa May, ovvero un Parlamento senza maggioranza. Uno scenario che resta altamente improbabile, considerati i margini di vantaggio dei Tories, ma che qualora si realizzasse non escluderebbe una coalizione che oltre al Labour vedrebbe al suo interno liberaldemocratici e nazionalisti scozzesi. Questi ultimi vorrebbero inoltre arrivare ad un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia già nel 2020, ma il Labour non si è detto disponibile. Segno che – vittoria netta dei conservatori a parte, ipotesi più plausibile ad oggi – il post-voto potrebbe nascondere nuove insidie.
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