La crisi climatica e il suo impatto economico
È uno dei principali temi dibattuti a Davos. Quali i settori più a rischio a causa del cambiamento climatico?
di Redazione
A Davos si parla molto di crisi climatica. Dell’impatto economico che può scaturire dal cambiamento climatico. Ed è, almeno sul piano mediatico, di nuovo “scontro” tra la giovane attivista Greta Thunberg e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. «Questo non è il momento del pessimismo sul clima», ha detto quest’ultimo durante il suo intervento al World Economic Forum, definendo quanti mettono in guardia sul cambiamento climatico «profeti di sventura» (ma ha anche annunciato che gli Stati Uniti parteciperanno all’iniziativa 1 miliardo di alberi contro il cambiamento climatico).
Pur tentando di mantenere una posizione in precario equilibrio, tra catastrofisti e negazionisti, c’è da dire che il cambiamento climatico un impatto economico, a livello mondiale, ce l’ha, eccome. Il 2019 è stato stato il secondo anno più caldo registrato dal 1880, secondo un’analisi condotta da NASA e National Oceanic and Atmospheric Administration. Non solo: dallo studio emerge che nell’ultimo decennio si siano registrati i sei anni più caldi di sempre, con picchi di temperature elevate osservati proprio negli ultimi cinque anni. Per affrontare la sfida legata al contrasto al cambiamento climatico, la Commissione europea di Ursula von der Leyen ha presentato di recente il Green New Deal, un piano di investimenti (per un totale di 1.000 miliardi di euro in dieci anni) il cui obiettivo è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Stando ad uno studio del World Economic Forum e di PwC UK (che considera le temperature elevate nonché i disastri ambientali che in molti casi ne sono derivati, si pensi agli incendi in Australia, ma anche negli Stati Uniti), più della metà del Pil mondiale potrebbe essere esposto a rischi. Tradotto in cifre, si stima che circa 44.000 miliardi di dollari di Pil globale sono «moderatamente o fortemente dipendenti dalla natura».
I settori che dipendono maggiormente dalla natura sono le costruzioni, con un valore pari a circa 4.000 miliardi di dollari. Poi l’agricoltura (2.500 miliardi di dollari) e il food & beverage, con 1.400 miliardi di dollari. «L’agroalimentare – è la posizione espressa da Coldiretti a tale proposito – e tra i settori più colpiti dal cambiamento climatico con effetti sul piano economico ma conseguenze anche sull’ambiente, sulla fame e sulle migrazioni. Non è un caso che il cibo sia tornato strategico nelle relazioni internazionali, con nuove guerre commerciali, dai dazi di Trump alla Cina e all’Unione europea all’embargo della Russia che ha colpito principalmente prodotti alimentari».