Usa 2020. Primarie al via, si parte dall’Iowa
Bernie Sanders è in vantaggio nello Stato che apre la lunga corsa alla Casa Bianca, ma Biden è avanti a livello nazionale. Caucuses, cosa sono?
di Fabio Germani
Nei sondaggi a livello nazionale Joe Biden mantiene il vantaggio sui rivali, almeno sei punti su Bernie Sanders, il primo degli inseguitori. Ma in Iowa e nel New Hampshire – i primi due Stati chiamati al voto – è il senatore del Vermont a guidare. In Iowa la differenza con Biden è di circa tre punti, nel New Hampshire addirittura nove, secondo la media stimata da RealClearPolitics e aggiornata al 31 gennaio. È in questo quadro, insomma, che prendono il via le primarie democratiche. Si partirà, per l’appunto, lunedì 3 febbraio con i caucuses dell’Iowa, al culmine di una settimana piuttosto impegnativa per il popolo americano, ancora scosso per la morte dell’ex star NBA, Kobe Bryant: il giorno prima, domenica 2 febbraio, a Miami, si disputerà il Super Bowl, l’evento sportivo dell’anno, che terrà incollati davanti ai teleschermi milioni di tifosi e appassionati.
Ad oggi i sondaggi sembrano suggerire che l’ex vicepresidente Biden sia il più accreditato a sfidare Trump a novembre e anche quello con (possibili) maggiori chance di vittoria. Ma la polarizzazione della politica statunitense cui abbiamo assistito in questi anni ha permesso ai candidati più radicali – quali lo stesso Sanders ed Elizabeth Warren, sebbene da prospettive diverse – di scalare molte posizioni. Sarà un percorso lungo – gli ultimi voti si terranno a giugno – che avrà conclusione con la convention in programma dal 13 al 16 luglio a Milwaukee, nel Winsconsin, la sede, cioè, in cui verrà nominato lo sfidante di Trump alle presidenziali di novembre. Ogni Stato mette in palio un numero di delegati, distribuiti perlopiù con metodo proporzionale tra i candidati: saranno poi loro, durante la convention, a formalizzare la nomina del pretendente alla Casa Bianca.
Potrebbero non mancare gli imprevisti, più di altre volte in passato. Perché se da una parte è vero – sondaggi alla mano, sempre – che si prospetta una corsa prettamente a due – Biden e Sanders, più staccati Warren e Pete Buttigieg –, dall’altra è vero anche che l’incertezza dell’attuale periodo politico potrebbe aprire scenari non immaginabili soltanto poche settimane fa. O almeno questo, secondo molti osservatori, è quanto vorrebbe che si realizzasse, Michael Bloomberg. Il 77enne miliardario già sindaco di New York e candidato alle primarie democratiche, peraltro in lieve crescita negli ultimi sondaggi nazionali, sta investendo molto nella campagna in alcuni specifici Stati. Non può vantare, ad ora, reali possibilità di vittoria, ma potrebbe comunque sparigliare le carte e arrivare ad una brokered convention – quando nessun candidato riesce ad ottenere la maggioranza dei delegati – per poi giocarsi il tutto per tutto in un contesto caotico. Fantapolitica, certo, ma di questi tempi mai dire mai.
L’Iowa è un piccolo Stato del Midwest con poco più di tre milioni di abitanti, il primo chiamato a esprimersi in tempo di primarie. Sebbene assegni una quarantina di delegati, da sempre rappresenta un trampolino di lancio fondamentale per i candidati. Chi vince in Iowa ha buone possibilità di ottenere la nomination – ciò è vero per entrambi gli schieramenti, ma soprattutto lo è tra i democratici –, se non addirittura di arrivare alla Casa Bianca (chiedere a Barack Obama nel 2008). Di eccezioni nella storia recente ne sono state osservate alcune. Ad esempio, proprio tra i dem, qui nel 1992 vinse Tom Harkin, ma chi dopo ottenne la nomination fu un certo Bill Clinton. O ancora nel 2008, quando tra i repubblicani emerse Mike Huckabee, ma successivamente a sfidare Obama fu John McCain. L’Iowa, però, è come una sorta di vetrina, specie per quei candidati che alla vigilia della stagione delle primarie non godono di particolare popolarità.
A rendere curioso l’esito delle consultazioni in Iowa, poi, è il sistema di voto. I caucuses non sono le tipiche elezioni con la scheda e lo scrutinio successivo, per intenderci. Sono, piuttosto, delle assemblee organizzate in strutture quali scuole, palestre o teatri, in cui diversi gruppi di persone dichiarano la loro preferenza per un candidato. Chi non raggiunge una determinata soglia (15%), viene eliminato. Dopodiché si dà vita ad un confronto pubblico in cui si prova a persuadere i sostenitori – eliminati – di una parte a passare dall’altra. Infine, una volta ridistribuiti gli elettori, il gruppo più numeroso vince e la somma di ogni assemblea decreta l’esito definitivo del caucus. Oltre all’Iowa, il Partito democratico sarà interessato da questo sistema in Nevada (22 febbraio), North Dakota (10 marzo), Wyoming (4 aprile), Guam (2 maggio), Isole Vergini (6 giugno).
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