USA 2020. Il sorpasso di Joe Biden | T-Mag | il magazine di Tecnè

USA 2020. Il sorpasso di Joe Biden

Nel Super Tuesday l’ex vicepresidente statunitense capovolge la situazione: vince in nove Stati e vola in testa nella conta dei delegati. La California a Sanders

di Fabio Germani

A Joe Biden è riuscita l’impresa. È bastato il Super Tuesday del 3 marzo per capovolgere una situazione a lui sfavorevole fino a poche ore prima e adesso è Bernie Sanders a inseguire, nonostante la vittoria – quasi certa – in California (più Colorado, Utah e, da pronostico, Vermont). L’ex vicepresidente – la cui corsa era stata rilanciata dal largo successo in South Carolina – si aggiudica nove Stati (quasi dieci, i risultati sono ancora parziali mentre scriviamo), compresi Texas e North Carolina (cui vanno aggiunti Alabama, Arkansas, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma, Tennessee, Virginia). In generale, Biden va forte negli Stati del Sud a conferma di un maggiore appeal, rispetto al principale rivale, tra le minoranze. Al momento, secondo le previsioni del New York Times, Biden dovrebbe avere dalla sua 647 delegati, Sanders 580: il sorpasso è compiuto.

Un sorpasso tutt’altro che scontato, considerato che alla vigilia i sondaggi non davano Biden così nettamente in vantaggio, mentre su base nazionale il favorito da alcuni giorni era proprio Sanders. Da notare, poi, che escluso Bloomberg, il senatore del Vermont era l’unico che poteva contare su ingenti risorse economiche, grazie alla massiccia raccolta delle ultime settimane. In qualche caso, Biden neppure ha fatto campagna. Cosa sta a significare un trend di questo tipo? Che fino a qui l’ambizione di Sanders di allargare la base elettorale non è riuscita – un prima conferma in questo senso è arrivata proprio in South Carolina –, un campanello d’allarme per la sua campagna che aveva individuato in tale strategia il modo non solo per ottenere la nomination democratica, ma anche per battere Donald Trump a novembre. La strada si fa ora in salita per il «socialista democratico», come lui stesso si definisce, mentre Biden vede con rinnovato ottimismo il prosieguo della competizione elettorale. Con la possibilità che, per la prima volta da tempo, tante delle consuetudini cui abbiamo assistito negli anni, vengano stavolta disattese. Per capirci, mai come nel 2020 i caucuses dell’Iowa saranno stati del tutto ininfluenti in termini di slancio per un candidato.

Il Super Tuesday 2020, inoltre, smentisce nei fatti che in America vince politicamente chi ha più soldi. Un discorso che vale tanto di più per l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, il quale ha iniziato a partecipare alla corsa elettorale soltanto adesso, investendo molto in pubblicità e spot nei diversi canali, data la sua immensa capacità patrimoniale, ma raccogliendo appena le briciole. Male, infine, Elizabeth Warren, la quale ha perso anche nel suo Stato, il Massachusetts. Probabili a breve le rinunce di entrambi a proseguire le primarie.

Non solo Biden e Sanders, quindi. Erano non pochi gli incastri e le dinamiche da valutare in questo Super Tuesday, al di là della spettacolarizzazione dell’appuntamento politico più importante delle primarie USA: 14 Stati chiamati al voto per 1.357 delegati in palio (il 34% del totale) di cui 415 in California, 228 nel Texas e 110 in North Carolina. Dall’impatto di Bloomberg (nullo, possiamo affermare senza timore di smentita) alla possibilità che Sanders, appunto, non allargasse troppo il divario, magari costringendo Warren al ritiro immediato.

Biden potrebbe avere ottenuto una spinta dai recenti endorsement dei ritirati (o già fuori da un pezzo) Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Beto O’Rourke. Non tanto, forse, per il peso specifico dei singoli, quanto perché si è così ricompattata la base moderata, che ha ora ritrovato nell’ex vicepresidente di Obama il proprio punto di riferimento. Basterà per vincere l’appuntamento con le presidenziali di novembre? Presto per dirlo. In qualche modo, Biden è una figura politica che nell’immaginario collettivo rimarca quanto già vissuto o tentato negli ultimi anni in casa dem, da Barack Obama (già passato per due mandati presidenziali) a Hillary Clinton. In pratica, dipenderà molto anche da Trump e da come amministrerà nelle imminenti settimane le crisi e le emergenze che stanno sopraggiungendo, ultima delle quali – a livello globale – la diffusione del coronavirus, che sta iniziando a interessare pure gli Stati Uniti. Un tema, quest’ultimo, che potrebbe sulla carta avvantaggiare un candidato come Sanders, promotore di un sistema sanitario universale, sul modello europeo, che tuttavia trova ancora forti resistenze nell’elettorato dem più moderato. Certo è che tra le tante variabili che possono entrare in gioco durante una campagna elettorale, questa del coronavirus rappresenterà una spina nel fianco del presidente (soprattutto) e dei candidati democratici (Biden e Sanders, gli unici che a questo punto resteranno in campo) pronti a fare il loro ingresso alla Casa Bianca.

Il prossimo appuntamento con le primarie è fissato per il 10 marzo, quando si voterà in diversi Stati tra cui Michigan, Washington, Mississippi e Missouri.

AGGIORNAMENTO 3/3/2020, ORE 17.30
Michael Bloomberg ha annunciato di avere sospeso la sua campagna e di sostenere l’ex vicepresidente, Joe Biden.

@fabiogermani

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6 Commenti per “USA 2020. Il sorpasso di Joe Biden”

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