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Il calo dell’occupazione previsto per il 2020

Continuano gli aggiornamenti delle previsioni sul post-pandemia, ma l’incertezza della durata del lockdown prospetta effetti disastrosi per il mercato del lavoro.

di Redazione

La peggiore crisi globale dalla Seconda guerra mondiale, come la definisce l’Organizzazione mondiale del lavoro, comporterà la cancellazione del 6,7% delle ore lavorate a livello globale nel secondo trimestre del 2020, pari a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno in meno. Nello specifico grandi riduzioni sono previste negli Stati Arabi, che registrerebbero 8,1% in meno di ore lavorate, equivalenti a 5 milioni di lavoratori a tempo pieno, in Europa con 7,8% di ore in meno, pari a 12 milioni di lavoratori a tempo pieno e nelle zone dell’Asia e del Pacifico con 7,2%, ovvero 125 milioni di lavoratori.

Secondo l’Ilo gli effetti della pandemia potrebbero essere devastanti sull’occupazione perché 4 lavoratori su 5 ovvero l’81% della forza lavoro mondiale , circa 3,3 miliardi di persone, sono impiegate in paesi in cui è stato imposto un lockdown parziale o totale.

Inoltre, l’Organizzazione sottolinea che sono circa 1,25 miliardi i lavoratori impegnati nei settori identificati come ad alto rischio – i settori alloggi, della ristorazione, delle manifatture, della vendita al dettaglio e delle attività commerciali e amministrative – per l’aumento dei licenziamenti e delle riduzioni dei salari e dell’orario di lavoro che comporterebbe il lockdown.

Certo è che il futuro dell’economia e dell’occupazione dipende molto dalle politiche messe in campo e dall’evolversi della situazione sanitaria, ma la stessa organizzazione ammette che esiste un alto rischio che entro fine anno ci saranno molti più disoccupati dei 25 mila previsti, nelle stime più negative, dall’Ilo solo il 18 marzo.

Le stime sulla disoccupazione sono state riviste anche, per quanto riguarda l’Italia da Unioncamere, secondo cui nel 2020 sono previsti 422 mila occupati in meno, considerando la ripresa delle attività economiche entro maggio.

Secondo il modello di previsione dei fabbisogni occupazionali delle imprese private dell’industria e dei servizi, l’emergenza coronavirus sta causando una crisi senza precedenti, sia sul lato dell’offerta che della domanda. Nello specifico, al netto dei lavoratori in cassa integrazione, Unioncamere stima una riduzione media annua di 190 mila unità per gli indipendenti, pari a -3,4% rispetto al 2019, e un calo di 232 mila dipendenti privati.

Dall’analisi per comparti produttivi, l’industria perderebbe secondo le stime 113 mila unità, mentre i servizi 309 mila, con il turismo che emerge come il settore maggiormente colpito, con un calo previsto di quasi 220 mila lavoratori, a cui seguono degli occupati nel commercio oltre 72 mila unità previste in meno e nei servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone che registrerebbero un calo si 24mila unità lavoratori.

Al contrario si prevedono aumenti occupazionali per il settore della sanità, 26 mila unità, dei servizi ICT 7.600 unità, e per le industrie farmaceutiche, 1.200 unità.

 

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