Covid-19, gli impianti “fermi” costano 788 euro procapite al mese
Anche la Svimez ha provato a calcolare gli effetti negativi del coronavirus sull’economia del Paese. Secondo le stime, se le attività riprendessero nel secondo semestre, il PIL a fine anno registrerebbe un -8,4%
di Redazione
Secondo la Svimez – l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – sono cinque su dieci gli impianti oggi “fermi” nel Paese, e a livello nazionale, senza tener conto del settore dell’agricoltura, di quello delle attività finanziarie e assicurative e della Pubblica amministrazione, valore aggiunto, fatturato e occupazione si sono ridotti del 50%.
Anche la Svimez, dunque, ha provato a tirare le somme sugli effetti negativi che coronavirus e misure restrittive per ridurre il contagio da Covid-19 stanno avendo sulla congiuntura italiana. In termini di valore aggiunto, a livello territoriale, soffrono maggiormente le regioni del Nord, registrando un calo del 49,1%: circa il 6% in più rispetto a quello che sta interessando il Centro ed il Mezzogiorno. Perdite simili, invece, si rilevano per le tre macro aree per quanto riguarda gli occupati: la Svimez indica un 53,3% al Nord, un 51,1% al Centro e un 53,2% nel Mezzogiorno.
In generale, comunque, un solo mese di lockdown costa al Paese 47 miliardi di euro, di cui 37 miliardi riconducibili al Centro-Nord e dieci al Mezzogiorno. In termini procapite, si parla di 788 per la media nazionale e di 951 euro e 473 se si considerano rispettivamente Centro-Nord e Sud.
La Svimez ha poi formulato delle previsioni per l’anno in corso, indicando un calo del Prodotto interno lordo di 8,4 punti percentuali a fine anno (-8,5% al Centro-Nord e -7,9%) se l’attività riprendesse nella seconda metà del 2020. «Si tratta di una previsione che considera il solo impatto del “cura Italia” – spiega tuttavia la Svimez -. Ulteriori interventi espansivi potrebbero attenuare la dinamica recessiva».