Da un’emergenza all’altra: la questione ambientale
Il periodo di lockdown per contenere la diffusione del coronavirus ha contribuito a ridurre le emissioni. Ma è stato davvero un bene? Il ruolo delle città nella lotta contro il cambiamento climatico
di Fabio Germani
Coronavirus alleato della lotta al cambiamento climatico? Per quanto possa sembrare una provocazione, in parte la condizione si è verificata nei periodi interessati dal lockdown. Lo stop alle attività economiche ha in effetti assicurato una riduzione sostanziosa delle emissioni di gas-serra, a livello globale. Molti, però, tra esperti ed osservatori, non la ritengono una buona notizia e questo nonostante si stima trattarsi di una contrazione tra le più ampie della storia. Tuttavia un’accelerazione della ripresa economica – che per ovvie ragioni si spera possa avvenire nel più breve tempo possibile – potrebbe significare quasi in automatico un incremento senza precedenti di emissioni. Così, nel giro di qualche tempo – un arco ora difficile da stabilire, potranno volerci pochi mesi come anni – si passerà da una crisi al peggioramento dell’altra, cioè da quella sanitaria a quella ambientale (che ha comunque un impatto notevole sulla salute delle persone).
Sono considerazioni che possiamo adottare anche alla vita in città, mano a mano che si farà rientro negli uffici e se le persone continueranno a prediligere il mezzo privato. Diverse aziende sembrano orientate a proseguire in modalità smart working per i propri dipendenti, anche se il dibattito sulle possibili ripercussioni sulle altre attività economiche (servizi, bar e ristoranti) appare piuttosto vivace, Italia compresa (su T-Mag abbiamo già affrontato l’argomento in due precedenti occasioni). Resta il fatto, ad ogni modo, che il tema ambiente resta fondamentale, in questo momento più che mai.
Pochi giorni fa Greenpeace ha presentato al governo italiano un piano più ambizioso per un drastico taglio delle emissioni di CO2 del 59-60% invece che del 33% previsto dagli attuali obiettivi europei per l’Italia, il raddoppiamento della quota di solare fotovoltaico rispetto a quanto programmato, con circa 100 GW di impianti installati al 2030 e un minore ricorso al gas. Questi accorgimenti varrebbero, in termini occupazionali, un aumento nel settore energetico pari al 65%, per un totale di 163 mila lavoratori nel 2030, contro i 98 mila previsti dal governo. L’ingente investimento iniziale, sottolinea Greenpeace, verrebbe compensato dai notevoli risparmi dovuti al minor consumo e, quindi, ai minori costi di importazione, di gas fossile, petrolio e carbone.
Anche le città possono giocare un ruolo importante in questa sfida, considerando che gli interessanti dati di Legambiente, contenuti in Città MEZ, il rapporto sulla mobilità a emissioni zero, si riferiscono al periodo pre-lockdown. «In cinque grandi città italiane (Milano, Napoli, Venezia, Bologna, Torino e Firenze) – si legge sul comunicato di Legambiente – più di un terzo degli spostamenti , tra il 34 e il 58%, si compie a piedi, in bici, in tram o bus elettrico, in treno, in metropolitana o con mezzi elettrici, dal monopattino all’auto, privati o in condivisione. Una pattuglia di città di medie dimensioni (Ferrara, Bolzano, Padova, Trento, Bergamo, Ravenna, Pesaro e Brescia) dimostra come sia possibile la transizione verso un futuro senza inquinamento e traffico automobilistico».
«Alcune città – si apprende ancora – già puntano con decisione all’elettrificazione dei mezzi entro il 2030: il TPL di Milano sarà tutto elettrico per quell’anno, nel centro di Bologna saranno consentiti solo mezzi elettrici, pubblici o privati. Torino si è lanciata all’inseguimento. In tutta Italia, nel corso del 2019 le auto elettriche e i mezzi elettrici targati (ciclomotori) sono passati da 36 a 61 mila, soprattutto immatricolati nelle città capoluogo. Sono raddoppiati (a marzo 2020 rispetto a gennaio 2019) anche i punti di ricarica pubblici, oggi 13 mila. Le e-bike e i “personal transporter elettrici” (come i monopattini) in circolazione nel paese sono ormai ben oltre il milione (purtroppo, non essendo targati, non abbiamo i dati cittadini). E anche dopo la crisi che abbiamo vissuto, pochi pensano di cambiare l’auto ma, tra coloro che debbono acquistarsi un mezzo nuovo (anche flotte di mezzi condivisi), i mezzi elettrici continuano a crescere nelle vendite: auto elettriche, scooter, ma soprattutto ebike e monopattini, ulteriormente incentivati dall’ecobonus mentre fino a due anni fa erano osteggiati e talvolta multati».
Certo, servirà anche “ridisegnare” i centri urbani, come avevamo già avuto modo di sottolineare, proprio di recente. Renderli a portata di bici e monopattini, ottimizzare i servizi di trasporto pubblico e disincentivare un uso eccessivo dell’auto privata non elettrica (in questo senso lo smart working può essere di aiuto). Quello che è richiesto, insomma, è soprattutto un cambio di paradigma culturale, utile anche per non farsi trovare impreparati in futuro in caso di necessità. Forse il lascito più grande di un’esperienza così negativa, quale è stata la pandemia.
[…] questione ambientale è stata ampiamente dibattuta. Complice la pandemia – come abbiamo ricordato su T-Mag di recente –, il futuro potrebbe riservare un passaggio da una crisi all’altra, cioè da quella […]