Usa 2020. Come cambia la geografia politica
Gli orientamenti degli elettori neri, ispanici e asiatici e perché sarà utile tenere d’occhio la Florida
di Fabio Germani
La geografia politica degli Stati Uniti sta cambiando. È un processo che viene osservato già da alcuni anni, anche se i risultati a livello locale e nazionale sembrano ancora discostarsi di parecchio. Molti di questi mutamenti, ad ogni modo, derivano dalla composizione sociodemografica della popolazione. Rendiamo tutto più semplice: si ritiene che entro il 2050 (precedenti stime avevano indicato il 2042) i bianchi non costituiranno più la maggioranza assoluta dei cittadini americani.
La “nuova maggioranza” sarà quella che vedrà insieme le attuali minoranze, perlopiù latini, asiatici e afroamericani. In questo senso si guarda molto al Texas, Stato da sempre conservatore, ma che al suo interno presenta diversi puntini blu, che sono le città – la capitale Austin, ad esempio, ma anche Houston e Dallas – amministrate da sindaci democratici. È una tendenza generale, ovviamente. A livello nazionale – per i rappresentanti al Congresso o per la carica più importante, quella di presidente – a spuntarla sono di solito i candidati repubblicani: qui, nel 2016, Donald Trump vinse di nove punti su Hillary Clinton.
Dove i cambiamenti avvengono più rapidamente
A confermare il trend è un’analisi del Pew Research Center, secondo cui in tutti i 50 Stati Usa, la quota di elettori bianchi non ispanici è diminuita tra il 2000 e il 2018, con dieci Stati che hanno registrato cali a due cifre tra gli elettori bianchi. Nello stesso periodo, gli elettori ispanici sono arrivati a costituire quote sempre più grandi dell’elettorato in ogni Stato, soprattutto in Nevada, California e Texas, appunto, che hanno visto una rapida crescita della quota ispanica dell’elettorato nel giro di 18 anni. Queste dinamiche si registrano anche in alcuni dei cosiddetti Battleground States (gli Stati contendibili, dove non c’è un chiaro orientamento verso uno schieramento o l’altro), tipo Florida e Arizona.
L’orientamento politico per gruppi razziali ed etnici
Stando ai dati del Pew Research Center, nell’arco di oltre due decenni, il Partito democratico mantiene un ampio vantaggio di lunga data tra gli elettori registrati neri, ispanici e asiatici. Tra gli elettori bianchi, risulta esserci negli ultimi dieci anni un equilibrio piuttosto stabile, anche se il Partito repubblicano rimane in leggero vantaggio.
Occhio alla Florida
Da sempre la Florida è uno degli Stati più decisivi nella corsa alla Casa Bianca. Si ricorderà la contesa del 2000, con l’intervento della Corte Suprema, tra George W. Bush e Al Gore. Quattro anni fa, Trump in Florida vinse di poco. Nello Stato, riferisce sempre il Pew Research Center, due elettori ammissibili su dieci, nel 2018, erano ispanici, quasi il doppio della quota osservata nel 2000. Ma la questione, qui, è tanto più complessa. Perché va fatta una distinzione tra chi è di origine portoricana o messicana e chi è di origine cubana, comunità, quest’ultima, piuttosto presente in Florida. In generale, stando al National Survey of Latinos del 2018 del Pew Research Center, gli elettori ispanici di discendenza portoricana o messicana, indipendentemente dallo Stato di registrazione, erano più propensi di quelli di origine cubana a identificarsi come “democratici” o “inclini al Partito democratico” (il 65% dei portoricani americani e il 59% dei messicani americani contro il 37% dei cubani americani), mentre la maggioranza degli elettori cubani si definisce “repubblicano” o sostiene il Partito repubblicano (57%). Numerosi osservatori indicano, anche stavolta, la Florida quale Stato chiave per l’esito elettorale del 3 novembre. Secondo la media dei sondaggi elaborata da RealClearPolitics, il candidato dem Joe Biden avrebbe nello Stato un vantaggio sul presidente uscente di appena 1,5 punti, in lieve discesa dalle ultime rilevazioni.
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