Le critiche al cashback
La fase sperimentale che rimborserà gli acquisti nel periodo natalizio è partita con non poche difficoltà di registrazione, ma i problemi non sono solo pratici: la Cgia di Mestre, ad esempio, critica l’efficienza della misura
di Redazione
Tra i provvedimenti pensati dal governo per incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici nei negozi fisici, il cashback è quello che potrebbe più di altri convincere gli italiani ad abbandonare il contante perché prevede una sorta di premio, o meglio la restituzione di una parte della spesa fatta tramite bancomat o carte: il 10% di quanto speso in sei mesi fino ad un massimo di 1.500 euro per chi effettuerà almeno 50 acquisti con pagamento elettronico. La misura dovrebbe partire ufficialmente dal 1° gennaio 2021, ma la sperimentazione è stata avviata dall’8 dicembre con il cashback di Natale, che, specularmente alla forma ordinaria, prevede un rimborso del 10%, fino ad un massimo di 150 euro, per le spese effettuate dall’8 al 31 dicembre, con carta di credito, prepagata, bancomat, bonifico o app di pagamento.
Per poter partecipare e ottenere il rimborso oltre alla soglia minima di dieci acquisti, era necessario iscriversi all’app IO e fornire il codice iban su cui ricevere il bonus. L’applicazione però ha avuto notevoli problemi in partenza che hanno reso impossibile per molti l’iscrizione a causa dell’ingente mole di richiesta nell’arco della prima giornata: un milione di utenti si sono registrati l’8 dicembre, con picchi di seimila richieste al secondo. È vero che le registrazioni sono state oltre le aspettative, ma è pur vero che l’applicazione non è stata capace di gestirle e ha quindi fatto perdere agli iscritti potenziali giornate di spese, tanto che il governo ha pensato di prorogare la sperimentazione ed estendere il periodo di acquisti rimborsabili fino al 6 gennaio. La deroga del periodo rimborsabile però non è così semplice poiché a gennaio dovrebbe entrare in vigore il vero e proprio cashback.
I problemi legati alla misura però non sono solo pratici, infatti la Cgia di Mestre ha avanzato un’ulteriore critica. La misura costerebbe infatti quasi 4,7 miliardi di euro, ma andrebbe a favore di chi ha già un’elevata capacità di spesa perché i rimborsi sono proporzionali al numero di transazioni e all’ammontare degli acquisti effettuati. In sostanza, secondo la Cgia supportata dai dati dell’Istat sulla spesa riferiti al 2019, “i capi famiglia più istruiti, con professioni di alto livello che risiedono nelle grandi aree metropolitane, principalmente del Nord, delineano l’identikit dei nuclei famigliari che saranno maggiormente premiati dal cashback”, ma l’impressione è che “già oggi queste persone paghino frequentemente con carte di credito o bancomat” e perciò l’apporto alla riduzione dell’economia sommersa sarebbe minima.