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Il valore del welfare aziendale

Se fosse esteso a tutte le imprese del settore privato potrebbe arrivare a 53 miliardi di euro, afferma il rapporto Censis-Eudaimon

di Redazione

Se fosse esteso a tutte le imprese del settore privato, il valore del welfare aziendale potrebbe arrivare a 53 miliardi di euro. È quanto emerge dal quarto rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Il beneficio per le aziende, si apprende, sarebbe pari a 34 miliardi, tra vantaggi fiscali e possibili incrementi di produttività. Per il singolo lavoratore il beneficio sarebbe pari a quasi una mensilità in più all’anno, per un totale di 19 miliardi. Per l’87,2% delle aziende il welfare aziendale sarà sempre più importante in futuro: per il 52% perché migliorerà la coesione interna di organici sempre più diversificati nelle modalità di lavoro, per il 35,2% perché renderà disponibili servizi di welfare utili e strumenti di formazione per trasferire nuove competenze ai lavoratori. Inoltre il 77,4% di loro vuole che nella propria azienda venga potenziato, laddove esiste già, o introdotto, se ancora non è stato attivato (il dato sale all’83,1% tra i dirigenti, all’82,1% tra gli impiegati e scende al 61% tra gli operai).

Nell’annus horribilis della pandemia il welfare aziendale è andato piuttosto bene. In corso d’anno vi è stato il raddoppio del limite dell’esenzione fiscale per i servizi e prestazioni di welfare aziendale (da 258,23 euro a 516,46 euro) e, pur nell’eccezionalità del momento, è un po’ migliorata la conoscenza tra i lavoratori. Il 25,6% dichiara di conoscere bene il welfare aziendale (+2,7% rispetto al 2020) ed è un po’ cresciuta la conoscenza anche tra gli esecutivi, su cui più ricadono le asimmetrie informative: lo conoscono bene il 20% (era il 14,3% nel 2020), mentre è il 41,7% tra apicali (era il 39,3%) ed il 25,8% tra gli intermedi (era il 23,8%). Alto l’apprezzamento, con il 77,4% dei lavoratori dipendenti (83,1% dei dirigenti, 82,1% impiegati, 61% operai ed esecutivi) per cui è importante conservare e/o potenziare e/o introdurre il welfare aziendale nella propria azienda.

Il rapporto dedica poi uno spazio al lavoro da casa. Il 31,6% dei lavoratori, spiega l’indagine, ha sperimentato il lavoro da remoto: il 51,5% dei dirigenti, il 34,3% degli impiegati e il 12,3% degli operai. Sul lavoro a distanza, tuttavia, vengono espressi giudizi contrastanti. Il 52,4% degli smartworker lo apprezza e vorrebbe che restasse anche in futuro, invece il 64,4% di chi lavora in presenza lo teme. Per il 37% degli smartworker il proprio lavoro è rimasto lo stesso di prima, per il 35,5% è peggiorato, per il 27,5% è migliorato. Ma per quattro lavoratori su 10 il lavoro da casa genera nuove disuguaglianze e divisioni in azienda. 

 

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