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L’impatto della seconda ondata della pandemia sul reddito delle famiglie

L’analisi della Banca d’Italia: gli effetti si sono fatti sentire maggiormente tra le famiglie dei lavoratori autonomi e dei disoccupati

di Redazione

La seconda ondata della pandemia di coronavirus ha colpito le famiglie italiane dopo il recupero estivo, anche se in maniera meno severa dell’impatto che si ebbe nella primavera del 2020, con il lockdown rigido esteso a tutto il paese. Questo, in sintesi, è quanto emerge dall’indagine straordinaria realizzata dalla Banca d’Italia.

Dopo la breve pausa estiva, a causa della seconda ondata pandemica le condizioni economiche delle famiglie italiane e le prospettive future, sono comunque notevolmente peggiorate. Per un terzo delle famiglie, infatti, si è verificata una riduzione del reddito nel corso del 2020 e solo un quinto di queste si aspetta una ripresa nel corso del 2021, stando ai principali risultati della terza edizione dell’Indagine Straordinaria sulle Famiglie italiane nel 2020 realizzata dalla Banca d’Italia. 

«Rispetto a prima della pandemia, le famiglie hanno riportato di aver ridotto la frequenza delle spese per alcuni servizi, a causa sia delle minori disponibilità economiche sia della paura del contagio, che ha continuato a scoraggiare queste tipologie di consumi», si apprende. 

Entrando nel dettaglio dell’indagine dell’ufficio studi di via Nazionale si legge che gli effetti della pandemia si sono fatti sentire maggiormente tra le famiglie dei lavoratori autonomi e dei disoccupati, con oltre la metà che ha parlato di una diminuzione delle entrate nel corso del 2020. Altro dato allarmante che emerge è che oltre la metà della popolazione vive in famiglie che dichiarano di non disporre di risorse finanziarie sufficienti a mantenere uno standard minimo di vita per almeno tre mesi in assenza di entrate. 

Di conseguenza anche le abitudini di consumo continuano a risentire della pandemia, con l’80% che ha ridotto le spese per abbigliamento, bar e ristoranti e oltre due terzi quelle per i servizi per la cura della persona. Poco meno della metà degli intervistati spiega di aver ridotto le spese per motivi economici, mentre tra le altre motivazioni prevale la paura del contagio.

 

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