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I ritardi dell’Italia sull’istruzione rispetto agli altri paesi europei

Appena il 20,1% degli individui di 25-64 anni risulta aver conseguito un titolo terziario in Italia, contro il 32,5% nella UE. Inoltre, siamo al penultimo posto nella graduatoria per quota di laureati tra i 30-34enni

di Redazione

In un momento di difficoltà economica, con il mercato del lavoro in affanno, i giovani sono tra quanti pagano in misura maggiore gli effetti della crisi economica derivata dall’emergenza sanitaria. Un problema che però parte da più lontano, dal mondo dell’istruzione. Come riporta l’Istat nel Rapporto annuale 2021, l’Italia è in ritardo sull’istruzione rispetto agli altri paesi della UE27, soprattutto per la formazione universitaria: appena il 20,1% degli individui di 25-64 anni risulta aver conseguito un titolo terziario in Italia, contro il 32,5% nella UE27.

Il nostro paese, spiega l’Istat, si colloca al penultimo posto nella graduatoria per quota di laureati tra i giovani 30-34enni (27,8% contro 40% della media europea), anche se il progresso nell’ultimo decennio è stato in media più rapido. Il gap con il resto d’Europa riguarda anche le donne (34,3% di laureate in Italia contro 46,2% della UE27), che pure hanno una maggiore probabilità di laurearsi rispetto agli uomini (21,4% di laureati in Italia, ultima posizione, contro 35,7%).

Nell’anno accademico 2018/2019 solo la metà dei giovani diplomati si è immatricolato nello stesso anno, un valore stabile rispetto al 2013/2014. La quota è più elevata tra le ragazze diplomate (56,2% contro 44,5% dei ragazzi). Nel complesso sono iscritti all’università, in qualunque anno di corso o ordinamento, quattro giovani su dieci (di 19-25 anni). A scegliere il percorso accademico sono relativamente di più le donne degli uomini (46,8% contro 34,2%) e i residenti delle regioni del Centro (45,8% contro 34,8% del Nord-est, che detiene la quota più bassa).

Nel 2020, emerge ancora dal rapporto dell’Istituto nazionale di statistica, il 13,1% dei giovani di 18-24 anni ha abbandonato precocemente gli studi avendo raggiunto al massimo la licenza media (contro 10,1% in UE27). L’incidenza degli abbandoni si è ridotta notevolmente (era quasi il 20% nel 2008), in particolare nel Mezzogiorno, dove tuttavia è ancora al 16,3% contro circa l’11% del Centro-nord.

La crisi legata alla pandemia, inoltre, ha contribuito alla diminuzione del tasso di occupazione dei giovani di 18-24 anni con abbandoni precoci – dal 35,4% del 2019 al 33,2% del 2020 (contro rispettivamente 45,1% e 42,6% in UE27) – e all’aumento nella stessa fascia di età dei giovani con abbandoni precoci che vorrebbero lavorare (da 48,1% a 48,9% in Italia e da 33,3% a 35,6% in media europea). Questi giovani risultano particolarmente svantaggiati nel Mezzogiorno, dove la quota di occupati non va oltre il 23,3% contro oltre il 40% del Centro-nord.

In termini di competenze e conoscenze l’Italia si colloca in una posizione poco sotto la media nel panorama internazionale. Nell’indagine 2018 PISA-OCSE i quindicenni con competenze insufficienti sono il 23,3% nella comprensione dei testi (contro il 22,6% della media Ocse) e il 24,1% in matematica (contro il 23,8%) mentre un distacco maggiore si osserva nelle competenze scientifiche (25,9% contro 22%). È poi bassa l’incidenza delle lauree in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), per la scarsa iscrizione a questi gruppi di laurea. L’Italia, con il 15,5 per mille di individui di 20-29 anni laureati STEM, è sotto la media europea di 4,1 punti per mille nel 2018, stabile rispetto al 2014. La distanza è particolarmente ampia con paesi come la Francia (26,6 per mille), il Regno Unito (25,2 per mille) e la Spagna (21,5 per mille). Il differenziale è maggiore per gli uomini (-7,2 punti per mille rispetto all’UE27), ma anche considerando le donne il gap con il resto d’Europa non si riduce.

 

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